I nostri remoti progenitori - così procede il ragionamento - si sono adattati attraverso milioni di anni di evoluzione a ben altri alimenti e perciò il nostro organismo non è preparato a metabolizzare in modo ottimale specie vegetali di recente acquisizione come i semi amidacei.
Pur riconoscendo qualche fondamento nelle argomentazioni contro i cereali, si tratta tuttavia di una tesi nel suo complesso non sostenibile per molti motivi:
Intanto l' idea che il nostro genoma sia rimasto praticamente invariato fin dalle più lontane epoche preistoriche non è scientificamente plausibile in quanto, come risulta evidente, le nostre caratteristiche antropomorfiche si sono gradualmente evolute, e con esse i nostri geni, adattandosi ai vari cambiamenti ambientali succedutisi nel corso del tempo. Lo prova in modo flagrante il fatto che il nostro organismo produce gli enzimi necessari a digerire e metabolizzare tutti i tipi di carboidrati, come la ptialina, contenuta nella saliva, che è l' enzima specifico per la predigestione degli amidi contenuti proprio in cereali e legumi, e non degli zuccheri semplici tipici della frutta; Del resto anche la struttura della nostra dentatura, costituita in buona parte da molari e premolari, adatti a triturare i grani, ci suggerisce il tipo di alimenti a noi più congeniali.
In secondo luogo non so in base a cosa si possa sostenere che i nostri progenitori preistorici godessero di salute ideale grazie ad una dieta di carne e vegetali, ma senza cereali e legumi, dal momento che non ci sono reperti, nè testimonianze che possano provarlo (anche se, c'è da scommettere, non soffrivano delle malattie degenerative moderne, nè avevano bisogno dello psicanalista).
In ogni caso i tanti mali che comunemente si attribuiscono ai cereali, e agli zuccheri in genere, hanno conosciuto una diffusione epidemica solo in tempi estremamente recenti, essendo stati rari, se non del tutto sconosciuti, fino a tre o quattro decenni fa. Infatti è solo da non molti anni che si parla sempre più in termini di emergenza sociale a proposito di sovrappeso, intolleranza al glutine e allergie al grano, celiachia, resistenza insulinica e diabete. Eppure cereali e leguminose sono stati la colonna portante della dieta di quasi tutti i popoli per millenni senza dar luogo a niente di tutto questo. E basterebbe solo questa banalissima considerazione per liquidare una teoria strampalata come questa .
In realtà, come vedremo tra poco, non sono i cereali in quanto tali all' origine di tutti questi problemi che, lo ribadisco, sono caratteristici solo dei nostri tempi moderni, ma le varietà e le forme che hanno sostituito quelle tradizionali in un contesto di abitudini alimentari sempre più innaturali ed estreme (ho già affrontato l' argomento tempo fa in un altro blog).
Alla larga dai cereali falsamente salutari
Ma a smentire la tesi in questione, è necessario precisarlo, è anche il fatto che l' uso generalizzato dei cereali non è così recente come si vuol far credere, ma risale a molto, molto tempo prima dell' inizio dell' agricoltura, datata circa 1o.000 anni fa, come già detto. Non si trattava ovviamente dei cereali odierni che ben conosciamo, ma dei loro progenitori selvatici o di altri semi selvatici nutrizionalmente equivalenti.Due ritrovamenti in Medio Oriente risalenti rispettivamente a 60.ooo e a 23.ooo anni fa attestano l' uso di cereali primitivi ed altri semi (come documentato in questo articolo); altre testimonianze simili si possono trovare qui e qui .
Ma non è tutto: da molto tempo i tradizionali maestri macrobiotici sostengono che la comparsa dei semi abbia svolto un ruolo determinante nella nostra evoluzione umana, senza però poter portare prove scientifiche dirette a sostegno. Fortunatamente però uno studio molto recente sembrerebbe avvalorare questa ipotesi, concludendo che, senza sapere come e perchè, è stato molto probabilmente proprio con l' introduzione dei primi semi nella loro tradizionale dieta di frutta, ghiande e foglie, avvenuta circa 3,5 milioni di anni fa, che gli ominidi potettero prendere una direzione evolutiva in senso propriamente umano (ecco qui la notizia, purtroppo in inglese).
Di questo e molto altro parla nel suo ultimo libro (di cui riporto un estratto al seguente link), "Whole Grains Under Siege", Alex Jack, insegnante macrobiotico senior al Kushi Institute del Massachusetts, nonchè co-autore assieme a Michio Kushi di un altro più famoso libro, "La Dieta per la Prevenzione del Cancro".
Ed è proprio lui ad avanzare quella che sembra l' ipotesi più plausibile circa le cause dell' attuale iperbolica diffusione di malattie come la sensibilità al glutine e la celiachia, cosa che gli ha dato modo di organizzare, assieme ad altri esperti del suddetto istituto, un seminario su questo specifico tema, dove si spiega come, oltre alla trasformazione dovuta alle ibridazioni cui è stato sottoposto il grano nel corso di secoli e millenni e soprattutto alle recenti manipolazioni genetiche, che ne hanno accresciuto a dismisura il contenuto in glutine, siano state proprio le moderne pratiche devitalizzanti di raffinazione dei cereali, di lievitazione chimica e di macinatura effettuata coi moderni metodi industriali a gettare le basi per tutti questi problemi. Nel caso della celiachia in particolare (la condizione più severa), sarebbero tuttavia implicati meccanismi genetici innescati dall' uso prolungato dei suddetti cereali raffinati e altro cibo-spazzatura, perchè, come sappiamo dall' epigenetica, il genoma non è immutabile, essendo continuamente plasmato da varie influenze esterne, e quindi in pratica dalle nostre abitudini di vita.
Un caso quindi analogo a quello dei geni BRCA1 e BRCA2, che controllano la proliferazione cancerosa delle cellule della mammella e dell' ovaio, i quali, se mutati, indicano un rischio rilevante di incorrere nella malattia. Ebbene, si è riscontrato che tali mutazioni sono più frequenti nelle popolazioni scandinava, islandese e negli ebrei aschenaziti, tutti accomunati da un unico fattore: un elevato consumo di latticini protrattosi per molte generazioni, e che perciò si candida come l' unico indiziato per quelle mutazioni.
Non posso terminare senza menzionare un altro (e molto più famoso) strenuo paladino delle diete naturali a favore dei cereali, il medico dr. John McDougall, che in una sua newsletter riporta, fra l' altro, tre importanti studi recenti (datati rispettivamente 2010, 2012 e 2013), che dimostrano definitivamente la pericolosità delle diete ricche di cibo animale e grassi e la superiorità di quelle che prediligono carboidrati complessi e vegetali (qui c'è il link).
Ecco qui un video che, paragonando spietatamente i risultati visibili in termini di peso-forma fra esponenti delle diete iperproteiche ed iperlipidiche e i fautori di quelle vegetali ad alto contenuto di carboidrati amidacei, fa da perfetto corollario a quanto detto.
E a proposito di sovrappeso ed obesità, è doveroso ricordare l' impressionante mole di studi scientifici, alcuni dei quali ampiamente noti, come quelli di Berrino e Campbell (che non ho voluto nemmeno citare perchè risaputi, ed anche per non mettere... troppa carne al fuoco), da cui emergono evidenti tutti i vantaggi di una dieta vegetale ed integrale che non penalizzi i cereali (purchè biologici ed integrali) anche per quanto riguarda il controllo del peso, e ho sempre trovato di una superficialità sconcertante l' incapacità di discriminare da parte dei detrattori di questo tipo di dieta fra carboidrati semplici e complessi, cereali raffinati ed integrali, come pure fra l' utilizzo di farine oppure di chicchi interi. Differenze che invece risultano determinanti per la nostra fisiologia, come risulta evidente da quest' altro video che tratta di un esperimento condotto nel 2009 dal Kushi Institute su 30 diabetici che, grazie alla dieta macrobiotica hanno visto miglioramenti concreti in tutti i loro paramentri già nel giro di una o due settimane, "nonostante" (in realtà proprio per quello) i tanti carboidrati assunti.
In conclusione, volendo tirare le somme, nonostante i cereali meritino la piena riabilitazione nel loro ruolo tradizionale di alimento fondamentale nella dieta umana per tutte le ragioni fin qui illustrate, non possiamo non tener conto delle manipolazioni cui essi sono stati sottoposti, perciò anche chi non soffre di problemi di intolleranza verso questi alimenti farebbe bene a non abusarne, limitando il consumo di quelli contenenti glutine, che andrebbero sostituiti almeno in parte con cereali che ne sono privi, cioè riso, miglio, mais, quinoa, amaranto e grano saraceno, e optando per il pane a lievitazione naturale invece che a lievitazione chimica.
La fermentazione naturale infatti consente la digestione del glutine. Lo dimostra uno studio del 2007 da cui emerge che se si sottopone il pane a questo tipo di processo il livello di glutine si riduce da 75 parti per milione a 12, che si può considerare una quantità di assoluta sicurezza (se ne parla in questo articolo).
Tutti gli effetti indesiderabili attribuiti ai cereali si possono dunque prevenire e quasi sempre anche curare fino alla completa guarigione, come racconta Katya C. Thomas in un articolo sul suo sito, "I Love Gluten", una donna affetta da una severa intolleranza al glutine alla quale i medici avevano detto che si sarebbe dovuta rassegnare ad evitare completamente il glutine per tutta la vita. Ma la scoperta della macrobiotica, cui seguì un lungo cammino, riuscì a cambiare il suo destino e ora, completamente guarita e in ottima forma, può permettersi di assaggiare senza problemi qualsiasi alimento contenente glutine.
Michele Nardella