Dambisa Moyo è tornata anche quest'anno in Italia, in occasione del Forum sul Commercio di Cernobbio(18-19 marzo), tradizionale appuntamento annuale della Confcommercio italiana, con la partecipazione variegata di esperti della materia e, quasi sempre, anche a carattere internazionale.
E così, sabato 18, ha parlato d'Africa ad un pubblico particolarmente attento, visto l' attuale situazione incandescente del momento, Dambisa Moyo, economista dello Zambia, che in Zambia però è vissuta pochissimo, mentre è nota invece al grosso pubblico per il suo libro "Dead aid", un buon successo, tradotto e pubblicato anche nel nostro Paese e già da qualche tempo.
Che cosa ha ribadito l'economista e studiosa dei rapporti tra "Primo mondo " e Paesi in via di sviluppo nella sua relazione?
Ha nuovamente sottolineato l'urgenza imprescindibile d'inserire l'Africa nel circuito internazionale del commercio con l'estero.Estero inteso come mercato mondiale.
Africa che ,attualmente, lo è solo per il 2% , addirittura pari allo spazio che viene occupato, oggi, dalla Spagna.
Ma l'Africa è un Continente non un semplice Stato- è stato precisato dalla relatrice.
Perché- ha puntualizzato la Moyo-, solo il commercio può creare davvero posti di lavoro, potenziare l'economia del continente africano e con lo sviluppo favorire la nascita della democrazia in quei Paesi, che si trovano ancora sotto il tallone di numerosi "padre-padroni".
E i posti di lavoro urgono per davvero.
Sappiamo bene ormai che cos'è la situazione in quasi tutti i Paesi dell'Africa Maghrebina quanto a prospettive di lavoro per i giovani, in contesti dove la popolazione giovanile, quella sotto i 24 anni, costituisce numericamente il 60% del totale.
Nelle ultime ore ci sono state, ad esempio, in Algeria violente proteste di operai e d' insegnanti, i primi licenziati dalle rispettive aziende e i secondi non pagati da mesi.
Pertanto non c'è altro da fare. Ed Europa, USA, Cina ed altri devono capirlo, se si vuole non mettere a repentaglio la pace sociale sul nostro pianeta,per altre cause già abbastanza sconvolto da sé.
Alla domanda, sulla validità o meno da parte del mondo "cosiddetto sviluppato" di continuare come aiuto con la realizzazione d'infrastrutture ,la nostra economista ha risposto:" Assolutamente no!"
E lo ha anche correttamente spiegato.
Ossia, con il potenziamento dell'attività commerciale in toto(e non solo limitata a petrolio, gas e minerali pregiati) il benessere economico consentirà ai governi dei singoli Stati africani di provvedere in proprio alla costruzione delle infrastrutture.
E non come accade oggi che, in Africa, troviamo imprese e operai cinesi(e non solo), che realizzano ponti, strade e/o lavorano in miniera e in cantieri per l'edilizia pubblica.
Se ci fossero certe premesse di gestione economica, favorevole e concorde il Primo mondo, in quei luoghi di lavoro ed in altri troveremmo gli africani.
E non si dimentichi poi- ha concluso Dambisa Moyo- che i mercati emergenti hanno problemi di breve termine come la pressione inflazionistica, i tassi d'interesse al rialzo, la formazione di bolle speculative.
Ma Europa ed USA invece hanno, sul lungo periodo, problemi legati all' indebitamento e all'invecchiamento della popolazione.
Conclusione?
Riflettere perché quello dell'Africa è un "problema " serio e troppo a lungo trascurato.
I tempi cambiano e le nuove generazioni non vogliono più aspettare un improbabile "Godot" e tanto meno stare a guardare le male fatte dei propri governanti.
Si è visto in Tunisia, in Egitto e ora in Libia. E non è detto che la"cosa" si fermi lì.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)