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Cesare Balbo – L’Italia dopo il Congresso di Vienna

Creato il 13 dicembre 2013 da Marvigar4

cesare balbo

Mentre l’Europa tutt’intiera progredí (lentamente, secondo è desiderio di quella parte generosa, che appunto allora incominciò a chiamarsi «liberale», ma rapidamente, magnificamente, se si consideri l’andamento normale delle grandi rivoluzioni umane), progredí, dico, nella restaurazione continentale dei governi rappresentativi, estesisi così da Francia a Spagna, a Prussia e quasi tutta Germania, ed a Grecia, l’Italia rimase restaurata tutto contrariamente sotto ai governi assoluti, sotto alla preponderanza dell’Austria, capo dell’assolutismo, capo francamente professatosi della resistenza alla rivoluzione liberale europea. I principi italiani restaurati tornarono tutti con affetti, con pregiudizi di fuorusciti, cioè del tempo in che erano usciti; si riadattarono quindi volentieri a quella preponderanza austriaca, che consentiva con essi, e prometteva difenderli. Tutti restaurarono le forme antiche, assolute; il buon re piemontese peggio che gli altri. Promossero pochi progressi, o, come le chiamammo poi, poche riforme; ne effettuarono anche più poche da principio, per tutti que’ primi vent’anni, che furono, bisogna dirlo, de’ più oscuri o più sciocchi vissuti mai in Italia. Alcuni uomini non mediocri furono talor chiamati al governo; ma pochi e per poco tempo; i più, i soliti, mediocrissimi. I popoli all’incontro, i governati che avevano fatto poco o nulla sotto a Napoleone, se non lasciarsi splendidamente governare da lui, e si sarebbero adattati a lasciarsi governare da altri, per poco che si fosse fatto con qualche splendore, od onore di liberalità, si adontarono fin dal 1814, e via via più ad ogni anno di essere i popoli d’Europa più male, più oscuramente, più illiberalmente governati, senza nulla di quella libertà e quell’indipendenza che udivano lodarsi, vantarsi, estendersi altrove.

Cesare Balbo, Sommario della storia d’Italia, APPENDICE (anni 1814-1848), Le Monnier, 1846



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