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Cesare Battisti: quando il terrorismo non conosce condanna ma solo vergogna

Creato il 09 giugno 2011 da Yourpluscommunication


Cesare Battisti: quando il terrorismo non conosce condanna ma solo vergogna

LA STORIA
Cesare Battisti, classe 1954, originario di Cisterna di Latina, ex appartenente ai Pac, i Proletari armati per il comunismo, rifugiato in Francia dal 1990, ha ricevuto in Italia quattro condanne all’ergastolo per altrettanti omicidi compiuti tra il 1978 e il 1979.
Battisti è accusato di essere stato il killer di Antonio Santoro, maresciallo capo delle guardie carcerarie di Udine ucciso il 6 giugno 1978 e di Andrea Campagna, agente della Digos di Milano, ucciso il 19 aprile 1979. Inoltre è stato il mandante dell’omicidio del gioielliere milanese Pierlugi Torregiani compiuto il 16 febbraio 1979, lo stesso giorno in cui Battisti partecipò all’esecuzione di Lino Sabadini nella sua macelleria a Mestre. Arrestato a Milano il 26 giugno 1979 il terrorista era poi riuscito ad evadere dal carcere di Frosinone due anni dopo, il 4 ottobre del 1981. Si era inizialmente rifugiato in Messico, quindi in Francia, dove il 30 novembre 1990 era stato fermato dalla polizia a Parigi insieme ad altri quattro italiani.

Cesare Battisti: quando il terrorismo non conosce condanna ma solo vergogna

«SOLUZIONE POLITICA» – Liberato pochi mesi dopo – secondo la legge francese dell’epoca sull’estradizione – Battisti si era rivolto già alla fine degli anni 90 al presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro per chiedere una «soluzione politica» agli anni di piombo. L’ex appartenente ai Pac era poi stato nuovamente arrestato nel febbraio del 2004 sulla base della richiesta di estradizione fatta dal governo italiano. Anni fa il ministro della Giustizia francese Dominique Perben che si era incontrato con l’allora Guardasigilli italiano Roberto Castelli sulla questione dei rifugiati aveva annunciato che la situazione dei condannati in Italia per terrorismo sarebbe stata esaminata «caso per caso». Ma Battisti ha sempre dichiarato di «non riconoscersi» in quel ragazzo che fu protagonista della insanguinata stagione degli anni Settanta.
(fonte: Agi)

Cesare Battisti: quando il terrorismo non conosce condanna ma solo vergogna

La cronaca di queste ore

Il Supremo tribunale federale (Stf) di Brasilia ha prima rigettato senza analizzarlo nel merito il ricorso del governo italiano contro la decisione dell’ex presidente Lula, che ha bloccato l’estradizione dell’ex terrorista. Una decisione che però non pregiudicava definitivamente la possibilità che Battisti fosse estradato. La Corte ha poi dibattuto sul rispetto da parte di Lula del trattato di estradizione in vigore con l’Italia. Da questa decisione sarebbe dipesa la liberazione di Battisti (in carcere da oltre quattro anni) come da richiesta della difesa. L’Stf ha deciso che non ci sono state violazioni: Battisti non è considerato estradabile e poteva a questo punto tornare in libertà.

Secondo il quotidiano Folha di San Paolo i giudici che hanno votato contro l’ammissibilità del ricorso italiano sono: Luiz Fux, Carmen Lucia, Ricardo Lewandowski, Joaquim Barbosa, Carlos Ayres Britto e Marco Aurelio Mello. Per costoro, la decisione presa a suo tempo da Lula di mantenere Battisti in Brasile è questione di sovranità nazionale, quindi di competenza del potere esecutivo e non di quello giudiziario.
(fonte : Corriere della sera.it)

Cesare Battisti: quando il terrorismo non conosce condanna ma solo vergogna

Il commento

Non è una questione politica, non è una questione di “bandiera” o diplomazia. E’ un problema di civiltà. E’ un problema etico ancor prima che giuridico. Cesare Battisti è stato giudicato e, quattro volte, è stato condannato all’ergastolo per i crimini commessi. E’ vergognoso per le generazioni passate e per quelle future. E’ vergognoso che una parte della cosiddetta intellighenzia si sia schierata a suo tempo per la liberazione dell’ex Pac. E’ vergognoso in primis per chi ha pagato con la vita e nella vita le gesta “rivoluzionarie” di questo personaggio.

E’ vergognoso per i parenti delle vittime che non vedranno mai giustizia nei confronti di chi il dolore l’ha procurato. E’ vergognoso anche per tutte quelle persone che, in quegli anni, sono state protagoniste della delinquenza, e che per i loro sbagli hanno pagato o stanno giustamente pagando (che siano crimini politici o meno, poco importa). Lo sdegno per questa sentenza “brasiliana” non è il non voler chiudere con quel periodo di guerra civile e di intrighi misteriosi. E’ la volontà di ricercare una giustizia che non tenga conto delle pregiudiziali ideologiche.

Un delitto è un delitto e la politica non è certo un modo per giustificarlo. Sminuire e negare la giusta estradizione con delle diatribe diplomatiche e di potere non è degno di un Paese progressista come il Brasile, nè del presidente Lula, che forse questa volta, un pò, si è sporcato le mani non solo con il grasso di fabbrica.

Alessandro Ambrosini


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