“Se c’è una cosa che mi dispiace veramente” – aveva detto il collega Pluto all’ultimo consiglio di classe – “è di non riuscire ad accompagnare in gita le Giovani Marmotte: perché sono sicuro che sarà uno spettacolo vederli alle prese con la magia dell’Appennino”.
Era stato buon profeta e, dunque, detto e fatto. Lunedì scorso, alla guida di una classe quasi unanime (e con il consueto inserimento di pochi sparuti altri secondi), la ‘povna e Mickey Mouse si sono imbarcati sui cinque cambi treni lungo la strada che scalano oramai da dieci anni. Dietro di loro, la lunga teoria dei giudiziosi Marmottini, ciarlieri, puntigliosi e fiduciosi come sempre; davanti a loro quella prova della verità che si chiama il confronto coi fantasmi del proprio vero io, nell’esperienza fondativa che si vive in Appennino.
Ci sono delle volte in cui l’Appennino inizia a scavare, incisivo, un tunnel carsico – andando a individuare contraddizioni e complessità nelle dinamiche di gruppo – intrecciando legami (fu il caso dei Bufali dell’Orda, e poi dei Pesci) che continuano a lavorare sotto traccia, negli anni, piano piano. Altre volte va come deve andare, e resta bella, ma senza salti (come con gli Anatri). Altre volte invece l’Appennino porta alla luce ciò che non si vedeva, e diventa un’esperienza di verità preziosa e insieme devastante, che tradisce rivelazioni inaspettate (fu il caso dei Matti e anche, incredibilmente, dei Maculati).
E poi ci sono quelle volte, rarissime, di compunzione cosmica, nelle quali l’Appennino suona la sua musica in armonia con la colonna sonora della dinamica del gruppo – ed in quel caso, se si ha la fortuna di poter prendere parte a tutto questo, non resta che lasciarsi portare dallo spartito, e fermarsi con gratitudine a guardare.
Successe con l’Onda, ovviamente, con la quale la gita in Appennino segnò l’inizio della danza degli addii, che suonò poi per due mesi la sua musica, a partire dal ritorno. Successe coi Merry Men (la ‘povna lo ha rievocato di recente). Ed successo, una volta di più, nei tre giorni scorsi che si sono dipanati all’insegna di un irrituale che suonava solo ovvio, coi Marmottini.
La lunga fila dei loro zaini si è inerpicata volentieri per le strade ignote, con piglio di scoperta. Senza dire bah hanno guardato la casa di pace, e la comodità rustica molto poco canonica che li avrebbe ospitati per due giorni; hanno salutato l’obiettore e gli istruttori con il loro atteggiamento educatissimo; si sono dimostrati curiosi, partecipanti, attenti. Insieme si sono divisi nelle camere e anche nei gruppi di lavoro, senza bisogno di una guida, facendo per se stessi; insieme hanno giocato, ascoltato, interloquito, parlato di discriminazione e pregiudizio, colpendo gli educatori per il livello attivo – quasi fosse una ovvietà – di educazione civica. Insieme hanno sporcato pantaloni, giacche e scarpe (“quelle vecchie, ‘da fuori’, professoressa”) calciando i loro tre palloni per i colli, e rotolandosi felici tra le margherite, per i prati. Insieme si sono aiutati, hanno aiutato, hanno mangiato a quattro palmenti. E insieme, con i visi coloriti da un sole che li ha baciati sempre, da tanto che son belli, sono risaliti, infine, sulla navetta, portando con sé solo il rimpianto che fosse “tutto già finito”, come unico elemento da buttare nel “cestino”.
In “valigia”, invece, tengono le cose giuste, quelle toste (la storia, la memoria, la crescita); sul “comodino” il divertimento, come è giusto, e il confermarsi, ancora più forte, gruppo. Ed è quello che raccontano oggi, a classe aperta, alla ‘povna e a Mr Higgs in qualità di special guest, all’ultima ora, durante la restituzione.
La ‘povna li ha guardati e li ha amati, come capita solo con certe classi. Mentre intanto pensava alla bellezza di uno sceneggiatore che sorride, e a riempire manciate di barattolo. E mentre un sogno tornava – a lei, che la maturità non l’ha mai sognata, neppure per errore mezza volta – a visitarla, ossessivo, notte agitata dopo notte, e la portava giusto in mezzo all’orale di esame per Scrittura del Territorio.
“Bentornata, prof.!” – la salutano stamani i Merry Men (e sono i primi che incontra) – “Come è andata in Appennino?!”.
“Molto bene”, spiega lei “i Marmottini sono così diversi da voi, che, a completare il giro, vi somigliano”.
Soldino annuisce consapevole. E così pure Rebecca e Piccolo Giovanni. La chiosa appartiene ad Earnest: “Beh, prof., ora che ce andiamo, ci dovrà ben essere qualcuno al nostro posto”.
La ‘povna fa cenno di sì (tre anni fa, era un concetto che apparteneva all’Onda): dopo giorni così, non resta altro da fare.
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