Se a qualcuno venisse in mente di tirare due sonore sventole al ministro Giarda, in maniera da far rientrare quei tentativi d’ala che sono le sue orecchie, qualcuno potrebbe parlare di risultato lusinghiero. E’ un esempio muscolare, ma nulla in confronto alla proterva arroganza con cui il titolare delle orecchie chirottere, parla di risultati lusinghieri (naturalmente guardandosi bene dal fare cifre) riguardo alle donazioni fatte a L’Aquila e finite in gestione alle banche, dopo una scrematura di quasi mezzo milione, il 10% su un totale di 5 milioni. Soprattutto perché non si parla solo del recente passato, ma del presente, visto che la stessa filosofia, inventata da Bertolaso, viene in qualche modo riproposta dal ministro anche per l’Emilia.
Il meccanismo è questo: i soldi che arrivano dagli sms finiscono a un consorzio finanziario di Padova, Etimos, che dopo aver scremato la percentuale per i suoi servigi, li usa come garanzia per le banche a fronte dei i mutui chiesti dai cittadini per la ricostruzione. Naturalmente tutto questo è solo la narrazione edulcorata della realtà, perché gli istituti di credito chiedono comunque delle garanzie ai terremotati per concedere i prestiti, proprio come se le somme raccolte dalla solidarietà dei cittadini non esistessero: chi deve rimettere in sesto la propria casa non vede il becco di un quattrino se non ha di suo. Inutile aggiungere che sui prestiti vengono applicati tutti gli interessi del caso. Quando il ministro Giarda riferisce dei 45 milioni di crediti concessi nelle zone terremotate dell’Abruzzo, finge che si tratti della ricaduta di quei 5 milioni a garanzia ( riprendendo pari pari, l’autopubblicità di Etimos sul suo sito, forse non avendo idea che milioni di italiani sanno navigare) mentre si riferisce al complesso dei crediti concessi dalla filiera bancaria a chi aveva consistenti e personali garanzie da offrire. L’albero delle bugie fruttifica sempre e in modo anche grottesco dal momento che la stessa Etimos fornisce altri dati, anzi dati diversi in diverse pagine del suo sito.
Gli interessi che invece sono derivati dalla gestione e conservazione di questi milioni di euro, anche quelli servono a ripagare l’opera di “assistenza”. Ma al di là di questo è evidente una cosa: quei soldi sono una donazione che invece viene utilizzata solo per attivare l’attività bancaria e per dare soldi a mediatori del tutto inutili. Ed è anche per questo che la Regione Emilia-Romagna non vuole assolutamente piegarsi a questo meccanismo, anche se esso si ammanta del nome magico di microcredito.
Del resto a fronte di tutti i triti discorsi tendenti ad esaltare questi strumenti “non assistenziali” fatti da chi ci campa alla grande, risulta che a fronte dei 5 milioni, anzi dei 4.530.000 euro rimanenti dopo la scrematura, il risultato a tre anni dal terremoto è questo: sono stati attivati in Abruzzo , 191 prestiti bancari (114 imprese, 68 famiglie e 9 cooperative) per un totale di 3.830. 000. Altro che 45 milioni. E anche questi sulla base anche (se non soprattutto) di garanzie personali.
Facciamo un po’ di conti: 470 mila euro scremati già da subito, altri circa duecentomila euro di interessi che nei 9 anni di durata del progetto, prenderà la Etimos per il deposito dei soldi. Alla fine del ciclo, detratte le eventuali somme di rate non pagate e quant’altro, il resto tornerà al pubblico: nel frattempo però anche ammesso che rimangano intatti, i milioni avranno perso almeno il 15% di valore e corrisponderanno dunque a 3. 800.000 euro. Risultato: se tutto va bene e senza ipotizzare scorrettezze sempre in agguato, ai terremotati andranno 1.200.000 euro in meno, senza contare gli interessi non presi. Senza nessun rischio, senza nessun apporto di capitale: eccovi il privato parassitario, la nuova frontiera.
Ci sarebbe da nascondersi dietro le orecchie.
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