Bisognerebbe accontentarsi.
Non nel senso che bisognerebbe essere dei perdenti, fare marcia indietro e rinunciare alle nostre massime aspirazioni, ma nel senso che dovremmo trattenere, con equilibrio, bilanciando, il sacro senso di orgoglio, che non è già più “autostima” quale oggettiva considerazione delle proprie capacità o appunto “orgoglio” quale meccanismo di difesa della propria identità rispetto all’alieno, ma “superbia“, e quindi posizione estrema dell’io che fuoriesce da sè e perde, perché il superbo dimentica i propri limiti e scommette ogni cosa sull’onnipotenza.
Il punto è che pochi, oltre al sottoscritto naturalmente, sono onnipotenti.
Sono onnipotenti i conigli, ad esempio. Ogni volta che offendiamo o facciamo del male a un coniglio, avremo offesso o fatto del male a un nostro simile. E dovremo aspettarci determinate conseguenze (pessime).
Sono onnipotenti i grassi contenuti nel lardo di colonnata, che dovrebbe essere evitato da chi dice di essere a dieta, che poi io ho sempre creduto che la dieta fosse un’assemblea tra l’imperatore germanico e i suoi prìncipi: è chiaro che sono stato vittima del revisionismo storico operato da una certa ala di pollo del parlamento!
Un sorriso onnipotente!
Sono onnipotente io, ma solo ogni volta che faccio e dico una cazzata, perché per il resto ho dei limiti.
Ecco, i limiti.
Se non sappiamo accontentarci, non possiamo pretendere di riconoscere i limiti, i confini, entro i quali circoscrivere e potenziare il nostro operato.
Nell’epoca dell’imperialismo sfrontato e delle supercompetenze, “vince” chi regola con prudenza la rotta della propria nave, non fa affidamento a bussole impazzite, ma percepisce in anticipo il cambio di vento, rivolge gli occhi alle eterne stelle che mai tradiscono.
Ciò non significa che non dobbiamo superare i nostri limiti, ma affinché possiamo superarli, dobbiamo prima fermarci e dire “questo è il confine, io sono al di qua, e se faccio un altro passo sono al di là”: un ragionamento logico che implica il rispetto della propria personalità, prima, e degli altri, dopo.
Una geografia delle scelte umane.
Dobbiamo rispettare le nostre esigenze, perché nessuno (non sono stato chiaro: nessuno, neanche chi darebbe la vita per voi, neanche il vostro cane) lo farà al posto vostro. Nessuno potrà rispettarvi, come voi pretendete di essere rispettati, pertanto spetta a voi il primo passo verso il vostro io.
La cosa triste è dover scrivere cose che dovrebbero essere scontate. Ma nei tempi delle leggi ad personam e dei maxiprocessi televisivi trasformati nella telecronaca di una partita di calcio (o è il contrario…ho le idee confuse), l’unica cosa che troverete scontata, amici miei, saranno i mutandoni della nonna che vi consiglio caldamente di regalare al vostro partner (modello unisex).
Scherzi a parte, accontentarsi significa ritrovare l’umiltà nei rapporti umani. Se state sempre lì a caricare il prossimo di aspettative che voi stessi non sapete trarre da voi, siete vittima di una sorta di de-responsabilizzazione che deriva dal credersi onnipotenti (c’è una bella differenza tra credersi onnipotenti – maggior parte dell’umanità – e l’esserlo – cioè me medesimo di persona).
Sia chiaro vi considero abbastanza maturi da capire il limite di questo discorso.
Insomma: in parole povere nessuno ha il diritto di “rompervi i coglioni”.
E quando qualcuno supera quel limite, al posto vostro non esiterei quantomeno a dire, con acccortezza e gentilezza: “Che cazzo c’è? Che cazzo vuoi?”
Io posso perché sono Chuck Norris.
Anzi: io sono Chuck Norris, perché posso.