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Che cosa hai messo nel caffè?

Creato il 02 aprile 2013 da Annovigiulia @AnnoviGiulia

di Giulia Annovi

 Credits: WikipediaJulius Schorzman

Che cosa hai messo nel caffè?
Se il tè o il caffè sono così amari probabilmente un motivo c’è. Il gusto, anche se per alcuni è molto piacevole, potrebbe servire per evitare che uomini e animali si cibino delle piante da cui queste bevande derivano.
Alcune sostanze presenti nel tè e nel caffè, infatti, potrebbero essere responsabili di danni al DNA, il cui accumulo è spesso causa dell’insorgenza di tumori.

A suggerirlo è un gruppo del centro di ricerca Johns Hopkins Kimmel Cancer, che ha testato la capacità di diversi alimenti di provocare danni al DNA. Lo studio, pubblicato recentemente su Food and Chemical Toxicology, si avvale di una tecnica per misurare l’attivazione di p53. Quando il DNA subisce danni, la proteina p53 si attiva per ripararlo e, grazie a questo test, le cellule implicate emettono una luce misurabile in laboratorio.

Gli alimenti testati sono quelli contenenti tannini e flavonoidi come tè, caffè, salse e condimenti piccanti o con aroma affumicata. I ricercatori hanno diluito cibi e bevande alle concentrazioni tipiche della nostra dieta e le hanno messe a contatto con le cellule per 18 ore. Il test ha rivelato che le sostanze più tossiche per le cellule erano il tè, il caffè e le salse prodotte con il cosiddetto fumo liquido, che serve per affumicare salse e carni. Il composto chimico che tali alimenti avrebbero in comune è il pirogallolo, che si era già dimostrato tossico per le cellule. L’esposizione al pirogallolo fa innalzare l’attività di p53 di circa 30 volte rispetto ai campioni non trattati.

Lo studio, che è ancora preliminare, non vuole bandire dalle nostre tavole tali alimenti, ma suggerisce come la dieta potrebbe aiutare a spiegare le differenze per l’insorgenza di certi tumori all’interno della popolazione. Inoltre, in futuro i livelli di pirogallolo, misurati nelle urine o nel sangue, potrebbero essere usati per monitorarne l’esposizione, fare studi epidemiologici e come marcatori biologici.

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