Fonte: Il Corriere della Sera
Fino al 2003 non era nelle carte sismiche, poi la svolta . Rischio medio-basso, 3a categoria: L’Aquila è in 1a
1. Come mai un terremoto nel mezzo della Val Padana di intensità medio-alta (5.9 della scala Richter) seguito da una fitta sequenza di altri sismi, alcuni altrettanto potenti?
È il frutto dello scontro tra le placche della crosta terrestre, l’africana contro quella europea. Questo in generale. In particolare è la conseguenza della compressione tra nord e sud che si crea fra le due zolle del pianeta. La spinta degli Appennini, al di sopra della microplacca Adriatica, ieri ha prodotto una faglia lunga una quarantina di chilometri tagliando la Val Padana tra est e ovest, fra Ferrara e Modena, scuotendola vigorosamente. Nell’arco della giornata si è registrato oltre un centinaio di sismi di varia magnitudo ma alcuni con livelli tra 4 e 5 della scala Richter, quindi rilevanti e in grado provocare seri danni, disastri e purtroppo vittime.
2. Queste zone della Val Padana sembravano in passato un’area relativamente tranquilla ma negli ultimi tempi tutto pare cambiato. Come mai?
Fino al 2003, quando si è compilata l’ultima carta del pericolo sismico, non era nemmeno considerata. Non essendo stati fino ad allora raccolti dati strumentali non era classificata e quindi giudicata a bassa sismicità. Altrettanto successe a San Giuliano di Puglia. Ma gli eventi accaduti hanno costretto a una revisione ponendola all’improvviso nella classifica del pericolo nella terza categoria; vale a dire medio-bassa. L’Aquila, per fare un confronto, è in prima categoria. Negli anni precedenti si erano verificati episodi consistenti. Ad esempio il terremoto di Cento (5.4 della scala Richter) nel 1987 e di Rovigo (4.7) del 2011. Nei mesi più recenti i fenomeni si sono intensificati scuotendo l’intera regione. Dal gennaio 2012 la zona appenninica di Reggio Emilia e Parma venne colpita da terremoti di magnitudo 4.9 e 5.4, a distanza di pochissimi giorni. I due sismi di gennaio, pur avvenuti a profondità molto diverse (30 e 60 km) rispetto ai 6-8 km di quelli di ieri, sono anch’essi legati ai movimenti della stessa «microplacca adriatica», che negli ultimi tempi ha avuto un’attività piuttosto intensa.
3. Questi avvenimenti erano considerati segnali premonitori di scosse più forti o venivano giudicati normali?
Nessuna sorpresa, sottolineano i geofisici. Tutto rientrava nel quadro conosciuto del territorio e anche un sisma lievemente superiore al passato, intorno a 6 gradi della scala Richter, era ritenuto nella norma, prevedibile. Ed è quello che è accaduto. Storicamente il caso più violento di cui si abbia traccia risale al 1570 riguardante un terremoto a Ferrara con una magnitudo di 5.5 della scala Richter. Un altro evento studiato di recente è quello avvenuto nel 1639 con epicentro nei pressi di Finale Emilia dove produsse danni analoghi a quelli di ieri. Gli effetti, poi, dipendono anche dalla profondità dell’ipocentro del sisma e più sono superficiali più si fanno sentire. Quelli di ieri erano tutti inferiori ai dieci chilometri di profondità e infatti le onde si sono trasmesse rapidamente in modo ampio facendo scattare i sismometri nell’intera Italia settentrionale, dal Friuli, al Trentino, alla Liguria, e verso Sud, fino all’Italia centrale. C’è da aggiungere che la Pianura Padana è ricoperta da uno spesso strato di sedimenti e questo tipo di suolo genera degli effetti di amplificazione che si distribuiscono nel territorio.
4. Come mai una sequenza di scosse così prolungata nel tempo e di consistente intensità?
La compressione fra le due placche che ha generato la faglia deve liberare l’energia accumulata. E questo può avvenire in tre maniere. La prima in un breve arco di ore, come sembra stia avvenendo in questo caso, con movimenti tellurici di media intensità superiori al quinto grado della scala Richter; la seconda con piccoli sismi che si distribuiscono in qualche giorno; il terzo modo è invece un rilascio di energia lento e lieve al punto da non fare nemmeno sussultare i pennini dei sismografi e quindi nessuno se ne accorge. I geofisici non possono sapere che cosa sia realmente accaduto nel sottosuolo e come le rocce, nella loro diversa natura, reagiranno alle pressioni.
5. È possibile sapere che cosa accadrà nei prossimi giorni, settimane o anche mesi, cioè se la Terra proseguirà nei suoi tremori?
La Pianura Padana è prevedibile che continuerà a sussultare come ha fatto negli ultimi tempi. E quindi terremoti intorno al quinto grado della scala Richter è verosimile che possano ancora verificarsi. Troppo spesso dimentichiamo che viviamo in un Paese altamente sismico. Ora i sismologi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia compiranno una campagna di indagini nell’area coinvolta e installeranno nuove apparecchiature per analizzare più in dettaglio i movimenti che il suolo manifesterà al fine di approfondirne la conoscenza e di decifrare meglio eventuali comportamenti.
Le risposte sono state redatte con la collaborazione del sismologo Massimo Cocco dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
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