Magazine Cultura
Arriva un momento nel quale ci si chiede a che cosa serve davvero scrivere le proprie sensazioni in un blog, momenti nei quali ci si sente stanchi, quietamente disperati, vinti. Con questo blog ho seguito più o meno puntualmente le vicende dell'Italia dal 2004 in poi, criticando i governi di Prodi, detestando profondamente e dichiaratamente i governi Berlusconi, diffidando di Monti e Letta e infine malsopportando Renzi e il suo tentativo - finora coronato da successo - di imprimere una svolta in senso pienamente liberale (leggi thatcheriano) al nostro paese, affossando definitivamente ciò che resta dell'antico PCI. La manovra di Renzi è giunta al suo acme. L'inutile fiducia imposta al parlamento rappresenta perfettamente lo stile del nostro boy-scout ben deciso a comandare la sua pattuglia senza interferenze. Con una sola mossa ha reso ridicolo ciò che resta della sinistra interna al PD, obbligandoli a decidere, "o con me o contro di me", interrompendo tutti i giochini, le smorfiette, i "ci sto ma non così", le resistenze, i dubbi, le ritrosie. La malnata sinistra PD - che, detto di passata, ha fatto ben poco per mettere in discussione il job's act[*] - si trova a questo punto nella situazione di chi ha lasciato che si verniciasse il pavimento partendo dalla porta. Può lanciare alti lai e gettarsi dalla finestra oppure decidersi a camminare sul pavimento appena verniciato, ovvero dover fare i conti con il risultato della propria colossale insipienza e il desiderio, a questo punto frustrato anche se mai espresso ad alta voce, di opporsi ma continuando a contare, far politica e rimanere candidati possibili di un partito rapidamente mutato. Non posso negare una certa ammirazione per Renzi, capace di giocarsi come burattini i "vecchi" del PD, i giornalisti di Repubblica - sempre incerti, un po' malmostosi ma sottilmente eccitati di aver a che fare con un vero politico - e obbligare a un silenzio stordito tutto l'insieme dell'opinione pubblica progressista che urlava come vestali invase dai maschiacci quando Berlusconi ne combinava una, ma che sembra caduta in piena catatonia mentre Renzi getta le basi per il suo lungo governo personale. La sorte dei sinistri del PD a questo punto credo sia segnata. Possono provare a rilanciare l'ulivo o altri alberi a scelta ma tem0 che la storia se li sia divorati, più o meno come il vecchio Berlusconi e i suoi servi. D'altro canto è sufficiente ripensare alle primarie in Liguria e in Campania per comprendere che i topi di Berlusconi sono già a bordo e che del nostro, caro, vecchio PD rimane soltanto il tendone, pieno di gente della quale si farebbe volentieri a meno. Bravo Renzi, resta da dire, finalmente un avversario con il coraggio di esserlo, ovvero... no, calma, mai vorrei dovermi scusare, come da disegno di legge in discussione al parlamento, per aver insultato il nostro premier, il Ronnaldriggan de noantri, quindi non dirò ciò che ne penso, limitandomi a notare che il nostro ex-boy-scout è stato semplicemente magistrale per metterci tutti nel sacco. Intanto non perdetelo di vista: il meglio deve ancora venire...
[*] Il job's act è sostanzialmente un modo per rimandare al futuro i costi previdenziali del personale mentre si abbassa il costo della manodopera a favore dei utili dell'impresa. Una manovra perfettamente thatcheriana che, a quanto pare, la sinistra PD non ha compreso. Ma quante cose non capiscono, questi qua...
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