E’ il titolone domenicale di Libero.
Ovvero quando la mediocrità non conosce vergogna.
Quando la quotidiana dose di miseria ci ricorda quanto poco manchi per raschiare il fondo.
Vedere vilipesa con tale bassezza la memoria di un ragazzo assassinato è avvilente, nauseante.
Le armi non vengono deposte nemmeno difronte a tali sciagure.
Anzi, si fa leva sulla pancia del lettore, dimenticandosi del dramma di una famiglia, del dolore di una madre, magari per vendere più copie. E’ mortificante.
Un pò come stuzzicare il palato dei propri ospiti affamati vomitando in tavola resti di un banchetto avariato.
E’ un modello riproposto di giornalismo da ghigliottina.
La macchina del fango non risparmia nemmeno i morti.
Ci siamo abituati.
E certi titoli non ci fanno quasi più effetto.
Proprio a tal proposito, Luca Sofri, nel suo ultimo libro, scrive: «chi fa informazione (i direttori dei giornali prima ancora dei giornalisti) ha responsabilità nella catastrofe italiana seconde di pochissimo a quelle di chi fa politica: ha in mano un mezzo formidabile di educazione e lo butta in marchette, terrorismo, sensazionalismo e pessimo esempio, nascondersi dietro l’argomento dello spacciatore: “Do solo loro ciò che vogliono”».
Caro Belpietro, sarebbe bastato poco per restare umani.