di Beniamino Franceschini
da IL CENTRO, maggio 20112
Al centro dell’informazione internazionale fino a pochi mesi fa, la questione libica è lentamente scivolata in secondo piano, dimenticata ancor più degli esiti della Primavera araba. In vista delle prime elezioni dalla morte di Gheddafi, il prossimo 19 giugno, il Consiglio nazionale di transizione ha approvato due leggi che vietano la formazione di partiti su base religiosa, regionale o tribale. Le motivazioni di questa decisione risiedono nelle turbolente vicende successive alla conclusione ufficiale della guerra civile, ma, al contempo, contengono le fondamenta di nuovi contrasti sociali. I combattimenti tra le forze del governo provvisorio e i fedeli di Gheddafi, infatti, continuano tuttora, pur non mancando episodi di duri scontri intertribali, come quelli che, nel profondo sud, al confine con il Ciad, stanno opponendo i Toubou e gli Abu Seif.
Dal 2011 sono emerse miriadi di componenti politiche con istanze diverse, sia con spinte unificanti, sia con tendenze separatiste. Pressoché ogni città e gruppo di miliziani ha creato una proprio forza a carattere localistico e in aperto dissenso con quei partiti che, invece, proclamano il valore dell’unità libica facendo ricorso soprattutto ai due maggiori fattori aggreganti, ossia il petrolio e l’Islam. In questo senso, le nuove leggi, varate il 24 aprile, hanno importanti conseguenze. Da un lato, esse mirano a bloccare le compagini più piccole, favorendo la formazione di movimenti ampi e a carattere nazionale per contrastare le spinte centrifughe. Dall’altro lato, e questo punto è senz’altro più critico, il bando dei partiti d’ispirazione religiosa è di dubbia interpretazione, poiché tutte le forze politiche in Libia individuano nell’Islam una base imprescindibile, la cui legittimazione è nella storia e nella cultura del Paese, nonché nella totale assenza di uno spirito nazionale unificante. Il provvedimento potrebbe creare qualche fastidio alla Fratellanza musulmana di Mohammed Sawan: escludere una componente connessa a formazioni che, di fatto, sono al potere in Egitto e Tunisia, tuttavia, sarebbe destabilizzante e minerebbe il tentativo di limitarne gli estremismi attraverso il processo partecipativo.
Il percorso libico verso le consultazioni di giugno, pertanto, è ancora lungo e accidentato, poiché, oltre alle profonde divisioni interne (la Cirenaica si è dichiarata recentemente regione autonoma), nel Paese continuano la violenza, gli scontri per il petrolio e le tentazioni centrifughe: è difficile, al momento, escludere che possano avere attuazione le parole di coloro che per il futuro scorgono una Libia tripartita.
Beniamino Franceschini
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