Che te ne fai della poesia se un ubriaco ti riconosce sul metrò e dice “Je te rappelle”? No, non puoi più leggere i versi dell’ultimo leporino che pubblica a sue spese duecento copie e li presenta accanto all’assessore dei mozziconi e alla Stabat Mater, per l’occasione vestita come la Cascata delle Marmore. No. E non puoi più scrivere versi, te lo proibisco! Piuttosto, alzati alle due e preparati un piatto di pasta, o guardati un peruviano che dorme, o chatta con un omosessuale del Laos, che almeno sa riconoscere la mentuccia. La poesia è come un fringuello che legge le insegne delle farmacie e sogghigna, consapevole che l’ultima cura per la petomania fu rubata da un satiro alle Olimpiadi di Gomorra. Ti preparo un tè, davanti al Partenone, ma non ammirare il vecchio napoletano scalzo che crede di incontrare Socrate. Anche questo è un bel modo per ricadere nell’antico errore. Aiutami a spazzare le foglie secche, straccia gli ombrelli di carta di seta di Madame Butterfly, vattene nel fiordo più lontano e stitico, ma non ti occupare più di poesia. Quando vedi un poeta al Supermarket chiama la polizia! Sicuramente ha manomesso i prezzi delle bevande dietetiche…
© Sisohpromatem (Marco Vignolo Gargini)