Cheese cake. Inevitabilmente

Da Pamirilla


Dedicato a te che adori il Cheese cake. Pochi capelli in testa e persino meno fortuna. Nei tuoi occhi il sorriso più largo e profondo che abbia mai visto.

Caterina ha proposto un tè alla menta e ora tra tè, profumo di menta e chiacchiere finisce che non si lavora.
Pensavo di fare un paio di Pie. Magari tre, per evitare la cacofonia.
“Oggi mi sento proprio bene!” Caterina è contenta perché Lui, cioè l’altro finalmente l’ha chiamata.
“Allora lo lasci?”
“Chi?”
“Lui…cioè l’altro….insomma quello sbagliato.”
“Oggi mi sento proprio bene.” che sta a dire che non ci ha ancora capito niente.
“Io invece mi sento pigra.”
“Oh, Camilla, sai che novità. Tu piuttosto Teresa. Capello corto e sguardo assorto….”
Passa uno, due, tre secondi di sospeso silenzio.
“Io ho il cancro.”
“…..”
“…..”
“Allora bisogna fare il Cheese cake.” Taglio corto con la mia logica schiacciante.
Teresa si illumina e sorride sullo sconcerto di Camilla e sul panico di Caterina e sorride a me che mi sto vestendo per la battaglia. Come un samurai, come un cavaliere antico, la determinata ostinazione di voler annichilire il nemico e la mia paura.
“Tu…non hai detto e ridetto che il Cheese cake non lo facciamo perché è troppo banale e lo fanno tutti e ci sono già milioni di Cheese cake, classici o originali, tutti diversi, tutti simili, milioni di milioni di Cheese cake che viaggiano nell’etere e si clonano e moltiplicano secondo dopo secondo che non se ne sente proprio la necessità …….” TUTTE le parole che ho detto, si ricorda Camilla.
Sei giovane Camilla, ecco cos’è. Quando il gioco si fa duro, si gioca da duri.
Quando il gioco si fa duro l’unica strategia che conosco è questa: disorientare l’avversario, depistare gli eventi e colpire basso. Fare come il salmone e andare controcorrente non è detto sia facile ma andare nel verso di corrente e poi far deviare il fiume questo è peggio: questo è il gioco duro. Questo fa la Storia.
“Facciamo il Cheese cake. Lo fanno tutti. E ora lo facciamo anche noi”
“A me il Cheese cake piace.” Caterina non si è ancora ripresa, barcolla piano, per non far rumore.
“Non è questo il punto. Comunque. I Cheese cake più classici del mondo….?”
“Limone o salsa di ribes. O fragole. Proprio classici, classici. Invece noi che facciamo di nuov……”
Bruscamente mi sovrappongo al punto interrogativo di Camilla “Questi facciamo.”
“Co…come? Allora proprio banale banale?”
Teresa ride. Io sono troppo, troppo arrabbiata. Ora te lo faccio vedere io banale.
Quando arriva Giada esulta allegra come una ottenne che finalmente si fa questo cavolo di Cheese cake, poi si ferma riflette, qualcosa non le torna: io che non cambio mai idea quando mi impunto e Teresa che sembra così stranamente sorniona e mistica, lontana e vera. Ma Giada non riflette mai a lungo, si stanca.
Versione cruda o cotta? Tutte e due. Maddai! E allora, non mi capite. Questa è guerra.

Cheese cake (versione con cottura) con coulis di ribes (o limone?)

Ingredienti
la crema:
500g.di Philadelphia
400g di panna
140g. di zucchero semolato
4 uova intere
60g di succo di limone
20g. di farina
1 cucchiaino di estratto di vaniglia (naturale)
Scorzetta di limone finemente tritata q.b.
il fondo:
120g. di biscotti digestive polverizzati
60g. di burro fuso
½ cucchiaino di cannella (se vi piace)
1 cucchiaio di zucchero semolato
Coulis di ribes (o limone?) Q.B.

Mescolate subito il succo di limone con la panna così ha il tempo di riposare (stringete la falange, serrate i ranghi).
Per il fondo procedura standard, la conoscono pure le pietre: sbriciolare i digestive (siiiii i digestive….seeee comprati va bene), unire zucchero e cannella, impastare con il burro fuso e pressare sul fondo di uno stampo a cerniera. Mi concedo uno sfizio: favette di cacao. Una virgola d’artista. Ovviamente facoltativa.
Tenete in frigo mentre si procede con la crema. Alabarde pronte.
Caterina, che fa finta di essersi ripresa, mescola in una bastardella il formaggio, lo zucchero, la panna con il limone, la scorza, la vaniglia, la farina e le uova e frulla tutto.
Caterina frulla, frulla finché la crema non si fa liscia, omogenea, perfetta.
Giada versa nella tortiera, pareggia, inforna: 160 C° . Circa un’ora e un quarto di cottura. La superficie deve dorare lievemente. Camilla ci guarda perplessa. Crede che abbiamo accantonato troppo facilmente la rivelazione di Teresa e invece guarda come la stiamo prendendo sul serio.

Per la coulis di ribes potete
a) Recarvi in una buona gastronomia ed acquistarla (e cancellare questo blog dal vostro PC)
b) Piano B
Laviamo e spuntiamo il ribes, questi chicchi così rossi di vita e trasparenti come la verità.
300g di ribes e poco meno di zucchero. Teresa schiaccia il ribes, aggiunge lo zucchero e del succo di limone. Cuoce tutto a fuoco lento finché lo zucchero non è sciolto. Poi bolle il composto per qualche minuto perché prenda consistenza. Ed infine bisogna filtrare la purea con un setaccio o meglio con della tela (procedimento più lungo…..miglior risultato).
Quando la torta è cotta va lasciata ancora una mezz’ora nel forno. Dovrebbe essersi gonfiata in cottura e ora si sgonfierà pian piano assumendo una forma lievemente conca nella parte centrale.
Il dolce va conservato in frigorifero e servito fresco con la coulis.

Cheese cake (versione senza cottura) con gelatina di fragole

Per la crema:
500g di Philadelphia
400g di panna
4 tuorli
100g di zucchero
75g. di succo di limone
4g di gelatina
Per il fondo procedere come sopra.
Il fondo si fa nella stessa maniera ma lo passo in forno qualche minuto perché diventi croccante.
Mi concedo un altro sfizio: quando il fondo si è freddato e indurito lo copro con uno strato di cioccolato fuso.
Sono pur sempre un’artista, non posso fare a meno di una virgola di fantasia. Penso già alle fragole.
Pasta bomba…..non la ripeto….è qui.
Bomba….guerra….questa guerra…..le prime battaglie. Le più facili? Le più difficili? Le prime.
La gelatina va ammorbidita in acqua fredda, strizzata e poi sciolta in un liquido caldo; c’è scritto anche sulla busta ma presumo di dover spiegare queste cose.
Alla bomba mescoliamo il Philadelphia, la gelatina sciolta nel succo di limone caldo e la panna montata, alla fine.
Poi lasciamo rapprendere il dolce in frigorifero,
e procediamo con la gelatina di fragole.
Bisogna sciogliere lo zucchero con poca acqua e gentilmente, come sta facendo Teresa, cuocere per pochi minuti le fragole. Passarle. Aggiungere la gelatina già ammollata, ne basta pochissima se non volete ottenere una fetta di copertone. Diciamo 2g. per 250ml. di sciroppo di fragole.
Sopra la torta già rappresa disporre delle fragole intere o a fettine come decorazione e versare sopra la gelatina. Poi far rapprendere tutto in frigorifero.
Quando è arrivata qui Teresa era petulante e noiosa, voleva sempre sapere di regole e misure precise e tecnica. La tecnica, si, serve, come sapere le regole per stare al mondo. Come imparare ad avere buon senso, imparare ad essere folli senza passar per idioti.
Ora lo sa che la pasticceria spesso è come la vita, quella fuori di qui: molta tecnica, poche certezze.
Orizzonti variabili. Istinto. Ci vuole sensibilità, saper capire cosa ci vuole e quanto ce ne vuole.
Oggi Teresa ha fatto coulis e gelatina senza pesare, senza cronometrare.
Questo è possibile. Non semplice e non privo di rischi perché trovarvi con poca salsa e troppi inviati rovinerà la festa, dosi sbagliate di gelatina distruggeranno la vostra autostima.
Ma purtroppo qui abbiamo messo molti q.b., dei punti interrogativi e parecchia imprecisione. Non è da pasticcere serio.
O forse si?
Quanto può essere dolce la vita, di quanto zucchero puoi fare a meno? Quanto puoi sopportare l’aspro,apprezzare persino l’aspro ed il ribes o il limone. E quanto gelatina ci vuole davvero per tenere insieme i pezzi?
Quanti Cheese cake possono convivere nel mondo, quanti è giusto che ce ne siano?
Anima candida di Philadelphia, rosso sangue di ribes, il morbido e il croccante, aspro di frutti pungenti.
Il futuro è così lontano che non vale la pena pensarci. Il futuro è una preoccupazione inutile ora che la vita è qui. Tra due dita e folate di tempesta.
In questi banalissimi Cheese cake abbiamo messo l’ingrediente segreto, quello che cambierà le cose.
E’ scivolato furtivo negli impasti. Nascosto, irriverente.
La lacrima scivolata dagli occhi di Teresa è come una perla nera, perfettamente rotonda. Nera come la paura, luminescente come il mistero, segreta come il futuro.
Quella che ha lasciato cadere Caterina è una perla di fiume, non levigata, imprecisa. È fame di vita. Procede. Magari perplessa, spessa confusa, una fame che si sazia mangiando. La vita che si conquista combattendo.
La terza lacrima è d’Amore Puro.
Amore.
In effetti, una cosa banale.
O no?


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