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In questo modo una cosetta di importanza praticamente nulla come la fotografia è lasciata a livello pressochè amatoriale proprio per dare un aspetto più realistico a quello che si vede. Anche gli effetti speciali sono relegati in un angolino mentre si preferisce investire sul comparto sonoro come grimaldello per mettere a nudo le paure di chi guarda.
Credo che questo Chernobyl diaries-La mutazione ( complimenti per lo spoiler inserito direttamente nel titolo dall'intelligentone italiano di turno) sia perfettamente esemplificativo del discorso che ho appena fatto.
Un film che sfrutta tutti, ma proprio tutti i clichet del genere, rubacchiando idee a destra e manca( tipo gli scenari silvestri di The Blair witch project e gli umanoidi di The descent) cercando di impaurire chi guarda il film semplicemente con il sonoro, qualche sequenza a effetto e soprattutto lasciando solo intuire che cosa stia succedendo.
Farlo vedere sarebbe costato troppo.
Eppure vista la piega che prendono gli eventi a far vedere più in dettaglio qualcuna delle creature mutate che infestano tutta la seconda parte del film non credo sarebbe stato così deleterio. Anzi.
Invece il carneade Brad Parker dirige nell'anonimato più totale comportandosi più o meno come l'arbitro di calcio che in zona Cesarini fischia il fallo di confusione a favore della difesa nell'area di rigore ridotta ormai a tonnara.
Non vuole noie, si limita a fare il suo compitino affastellando le immagini fintamente girate dai giovani e buttandola in caciara in una seconda parte dominata dal buio, da qualche fascio di luce che come tracciante fende alcune delle inquadrature giusto per far immaginare perlomeno uno sfondo, ma soprattutto dalle urla disumane di questi poverini, amanti del turismo estremo no Alpitour, che si ritrovano a essere attaccati da orsi, cani e chissà da che cosa altro.
Chi si salverà? Sempre se si salverà qualcuno. E' questa l'unica curiosità del film, la domanda che ti poni fin dal primo momento in cui si forma il gruppetto di ragazzotti aspiranti candidati all'obitorio.
Eppure un film come questo poteva avere le carte in regola per mettere a nudo molte paure: in fondo parla della più grande tragedia nucleare del nostro tempo ( dopo le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki dell'agosto del 1945), di un qualcosa che molti di noi ricorderanno , di una paura che è ritornata fuori prepotentemente con la tragedia del terremoto giapponese.
Efficaci anche gli scenari "postatomici" trovati in Serbia: casermoni disabitati, vestigia di un qualcosa che non c'è più.
Eppure il film non riesce a sfruttare questi punti a suo favore. Colpa di uno script ( a opera tra gli altri del mastermind di Paranormal activity Oren Peli) piatto e con poche idee ma in compenso ben confuse e da una volontà di non andare oltre il solco delle coordinate prestabilite di un genere che ultimamente si è rivelato una gallina dalle uova d'oro per i produttori.
Costi limitatissimi, il solito pugno di giovani facce nuove alla disperata ricerca di visibilità, gli incassi che consentono sempre ( e sottolineo sempre) di coprire i costi di produzione mettendosi anche in tasca un discreto gruzzoletto.
E visto che per questi signori il cinema non è arte ma solo imprenditoria , perchè non dovrebbero continuare a farli?
A questo punto a ridatece Hostel o Turistas. Stessa carne da macello votata al massacro ma almeno si vede qualcosa.
( VOTO : 4,5 / 10 )
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