Quando leggerete questo post, probabilmente starò vagando come un’anima in pena tra i corridoi della Feltrinelli della stazione SMN sbavando come un cane pavloviano davanti a tutti quei piccoli e poveri libri che chiedono amore ed attenzione e che non posso portare a casa ripetendomi come un mantra che sto risparmiando per un bene superiore – il portatile – di cui non posso proprio più fare a meno. Sigh!
Ma parliamo di cose ben più allegre: tipo questo libro, una rivisitazione della tragedia più famosa di sempre dal punto di vista di un personaggio tanto nominato nelle prime scene dell’atto primo e mai effettivamente apparso: Rosaline, colei che impediva a Romeo di dormire, rifiutandolo col suo voto di castità, e colei che credeva la luce dei suoi occhi, quand’ancora non aveva scoperto la vera luce e il vero amore. Perciò, siete pronti a sentire cos’ha da dirci e la sua parte di verità?
Buona giornata, amici!
Titolo: Io, Romeo e Giulietta
Titolo originale: When you were mine
Autrice: Rebecca Serle
Traduttrice: Claudia Lionetti
Editore: De Agostini
Anno: 2015
Pagine: 320
Rosie e Rob sono innamorati. Profondamente innamorati. O almeno così sembra fino al giorno in cui arriva in città la cugina di lei, Juliet. Bella, spregiudicata e volitiva, Juliet cova nei confronti di Rosie un vecchio rancore. Decide così di portarle via Rob e ben presto ci riesce. E’ la sera del ballo della scuola, e Rob cade ai piedi di Juliet come per incanto. Come se fosse destinato a lei da sempre.. Ma per i due sventurati amanti ci potrà mai essere un lieto fine?
Shakespeare ha sbagliato tutto. La sua opera più famosa ha mancato in pieno il bersaglio. Ma sì che avete capito a quale mi riferisco. I due sventurati amanti. Un amore sfortunato e osteggiato dalle rispettive famiglie e dal fato. La storia d’amore perfetta. Avere qualcuno che ci ama così tanto da voler addirittura morire per noi.
Ma tutti dimenticano che Romeo e Giulietta non è una storia d’amore, ma un dramma. E, anzi, a ben guardare Romeo e Giulietta non è nemmeno il titolo originale, che nella versione definitiva recita: L’incredibile e pietosa tragedia di Romeo e Giulietta. Tragedia. L’amore che tutti vorrebbero ma, che, se lo chiedete a me, non aveva basi poi così solide fin dall’inizio. Pensateci: le loro famiglie si odiavano a tal punto che, se anche non fossero morti, a ogni compleanno o festa si sarebbe scatenato l’inferno. Per non parlare del fatto che non avevano nemmeno un amico in comune, perciò niente uscite a quattro. Romeo e Giulietta, Giulietta e Romeo, soli soletti per l’eternità, e se anche a quattordici anni potrebbe sembrare romantico, la verità è che non è per nulla realistico. Riuscite forse a immaginare un finale meno romantico? Io no. E quest perché non è così che sarebbe dovuta andare.
Se leggete l’opera con attenzione, vi accorgerete che c’era già qualcuno prima che Giulietta irrompesse sulla scena. Qualcuno che Romeo amava con tutto il cuore. Si chiamava Rosaline. Era per incontrare lei che, in quella prima sera in cui tutto ebbe inizio, Romeo era andato al ballo. Sono tutti convinti che Romeo e Giulietta fossero in balia del destino, alla mercé del proprio amore. Falso. Giulietta non era una dolce e innocente fanciulla straziata dalla sorte. Macché! Lei sapeva bene quel che faceva. Ma Shakespeare no, ecco il vero problema. Romeo non doveva stare con Giulietta; doveva stare con me. Dovevamo stare insieme per sempre, e così sarebbe stato se non fosse arrivata lei a portarmelo via. E allora forse tutto questo si sarebbe potuto evitare. Forse sarebbero ancora vivi.
E se la più grande storia d’amore ma raccontata fosse quella sbagliata?
Avete mai letto Romeo e Giulietta, o, meglio ancora, l’avete mai visto rappresentato? Per quel che mi riguarda, non è la mia opera shakesperiana preferita, tendo ad amare molto di più le sue tragedie “classiche” – e questa, in fondo, non lo è, presentando parti anche di una commedia -, ma non posso non riconoscere quanto, già da solo, il linguaggio e lo stile utilizzati non siano qualcosa che da soli valgono la pena di provare a confrontarsi con un inglese che è davvero, davvero diverso da quello attuale (magari con un testo a fronte!). Se poi ci aggiungete che al centro ci sono temi che ancora oggi sono tanto attuali, viene facile capire che ve lo consiglio caldamente. Irrealismo dei cinque giorni compreso.