Mi sono imbattuta in questo libro per puro caso, ma immediatamente mi son resa conto di quanto bene rispondesse al punto numero ventotto della 2015 reading challenge: Un libro che abbia un sinonimo e contrario nel titolo. Potevo quindi dirgli di no?
Buona giornata, bimbi belli!
Titolo: Niente è più vero di una bugia
Titolo originale: A passionate love affair with a total stranger
Autrice: Lucy Robinson
Traduttrice: Federica Ressi
Editore: Tre60
Anno: 2013
Pagine: 402
Per anni Charley Lambert si è dedicata anima e corpo all’azienda per cui lavora: non solo è una work-addicted convinta, ma si è anche innamorata del suo capo. Perciò, quando si rompe una gamba le crolla il mondo addosso: per la prima volta in vita sua è costretta a fermarsi, letteralmente. E, colpo di grazia, scopre che il suo capo ha deciso di sposare un’altra donna. Per non restare a piangere sul suo cuore spezzato e non impazzire di noia, Charley fonda la First Date Aid, una società che offre un servizio di ghost-writing per quanti muoiono dalla voglia di trovare l’amore su Internet ma non hanno il tempo o il talento per scambiare messaggi online con gli aspiranti partner. Charley non ha problemi a flirtare con perfetti sconosciuti per conto delle clienti, ma le cose si complicano quando viene ingaggiata da Shelley, una donna in carriera che le somiglia molto. Quando Shelley chiede a Charley di contattare William, la ragazza resta subito affascinata da questo dottore spiritoso e intrigante ma al tempo stesso profondo, che sembra penetrare le difese di Charley con una facilità estrema. L’affinità immediata con William la spinge a dar sfogo a quelle che sono le questioni irrisolte della sua vita. E dalla comprensione all’amore il passo è breve… Da quel momento Charley è combattuta tra desiderio e senso del dovere: quando Shelley e William decidono finalmente di incontrarsi, lei si presenta di nascosto all’appuntamento per spiarli.
“È proprio così?” mi domandai, mentre osservavo lo scenario sottostante. “La mia vita è perfetta?”
Strinsi le ginocchia al petto, colta da un improvviso senso di disagio. Solo una cretina sarebbe rimasta lì seduta a chiedersi se aveva una vita perfetta oppure no.
Ma mentre guardavo il picnic che avevo pianificato nei minimi dettagli – con tutta la modesta fierezza che si certo aveva esibito Leonardo quando aveva fatto un passo indietro per ammirare la sua “Ultima cena” – non potevo negare che fosse davvero incantevole. A dirla tutta, ricordava la copertina di un dépliant con su scritto “Visitate Edimburgo”. Era una delle rare giornate di sole concesse alla nostra città e la gente che se ne stava laggiù a sorseggiare chamagne sembrava estremamente ambiziosa e attraente. Quando ero una goffa ragazzina che fantasticava su come arrivare al Successo, sognavo di avere amici come quelli. Ed eccolì lì, sulle Falesie di Salisbury, disposti a intervalli regolari attorno a una grande tovaglia da picnic in tartan, a sbocconcellare cibo raffinato proveniente dal mercato di prodotti biologici.
Ero raggiante. Avevo fatto tutto io! Avevo organizzato io quel picnic! Mi abbracciai da sola senza farmi vedere dagli altri, chiedendomi come aveva fatto quella ragazzina impacciata – Charley, la Spilungona di East Linton – a diventare Charlotte Lambert, responsabile delle relazioni pubbliche in una delle più grosse aziende farmaceutiche mondiali, proprietaria di un appartamento non lontano da Broughton Street… una donna in possesso di un numero sufficiente di amici favolosi per riuscire a organizzare picnic degni di un dépliant turistico con solo poche ore di preavviso. Che altro si poteva desiderare, a parte forse una relazione con un uomo affascinante che s’intendesse di vini d’annata e formaggi pregiati? (…)
Il mio telefono emise un bip e lo tirai fuori dalla tasca della borsa con un sospiro (…) Il messaggio appena arrivato era di John. Sentii un’ondata di eccitazione travolgere il mio apparato riproduttivo. John MacAllister? Di Sabato? “Lambert. Sei in città questo weekend? Voglio portarti a cena fuori domani sera. Ci stai? Alle 20, al Tower. Jx”. J con un bacio? J CON UN BACIO? Calma, Charley, resta coi piedi per terra, mi dissi. Invece feci l’esatto opposto, cominciai a gridare: «HAILEY!» Hailey era avvinghiata a Matty, con lo sguardo rivolto verso il Castello. «HAILEEEEEY!» urlai, con tutto il fiato che avevo in corpo, alzandomi e correndo giù per il pendio per raggiungere gli invitati. Finalmente! Finalmente! John e io avevamo un appuntamento! UN APPUNTAMENTO NEL WEEKEND! Il significato di questo invito non poteva essere frainteso.
Matty continuò a sussurrare mielose sciocchezze all’orecchio di Hailey e io acquistai velocità.
La mia accelerazione in discesa sarebbe stata sicura se avessi avuto le scarpe da ginnastica; ma coi sandali era tutt’altra storia. Stavo aprendo la bocca per chiamare ancora la mia amica, quando una delle suole di cuoio tristemente inadeguate colpì una pietra piatta e la mia gamba schizzò in avanti, strattonandomi in una dolorosa posizione a gambe divaricate. Mi parve di ruzzolare per aria al rallentatore, con la gonna che mi finiva sopra la testa. Mentre atterravo su alcune rocce dall’aspetto più preoccupante, cominciai a pensare al piano d’emergenza perché Sam non rimanesse senza una persona a fare gli onori di casa.
E poi la mia testa toccò il suolo, costringendo il mio cervello a smettere di frullare probabilmente per la prima volta in trentadue anni.