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Chi di teaser ferisce

Creato il 08 marzo 2016 da Ceenderella @iltempodivivere

Giornata fitta di impegni in cui probabilmente riuscirò a legger poco o nulla, ahimè, e non vorrei proprio, visto quanto mi sta prendendo quello che ho tra le mani. Motivo principale la sua protagonista, in cui mi ritrovo, mio malgrado, pure troppo. Vi è mai capitato di riconoscervi tanto in un personaggio e aver quasi paura, persino di continuare la lettura?

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Mentre attraversiamo la casa vedo che:

  • bisogna cambiare le piastrelle del pavimento e la tavoletta del water si è allentata;
  • il pomello della camera sul retro è venuto via, così, se la porta si chiude, per aprirla di nuovo serve un cacciavite;
  • anche nello scaldabagno c’è qualcosa che non funziona: l’acqua calda arriva solo quando è accesa la lavastoviglie, il che non va bene;
  • l’altra sera, il portasciugamani si è staccato dal muro mentre cercavo di appendere la salvietta dopo aver fatto il bagno a Wren. Devo aggiustarlo.

Questa casa è in balia di uno spiritello stronzo che sa che i miei genitori non ci sono e ha deciso di rompere tutto.
Ci infiliamo nel letto di mamma e accendo la TV sul buon vecchio canale di cucina. Per fortuna c’è il programma preferito di Wrenny. La conduttrice ci sorride beata e prepara il suo arrosto mentre Wren si abbandona al sonno accanto a me.

Mamma aveva intenzione di dipingere un cielo sul soffitto della camera di Wrenny. Così aveva detto. Una settimana prima di andarsene si è procurata un centinaio di cartoncini con i colori campione e ha fatto scegliere a Wrenny il suo preferito. Ha persino comprato la vernice e tutto il resto. Credevo stesse meglio, ma poi ha cercato di vedere papà per un’ultima volta e quando ha scoperto che era stato dimesso e aveva chiesto di non dare a nessuno, nemmeno a sua moglie, informazioni su dove si trovasse, è andato tutto a rotoli. È completamente sbarellata. Prima di allora, però, per un paio di giorni era sembrata davvero euforica. Come se avesse voglia di rimettere insieme i pezzi e ricominciare. Credevo potessimo contare di nuovo su di lei.
Come colore, Wren aveva scelto un azzurro Tiffany. Diceva che siccome la sua camera aveva solo una finestra, e piccola per giunta, ci voleva dentro il cielo, e mamma le aveva risposto che se quello era il suo desiderio, l’avrebbe accontentata.
Le latte di vernice mai aperte sono ancora accostate alla parete, sotto i segni che Wren ha lasciato con un paio di scarpe sporche. Dopo tutto, mi sembra abbia poca importanza che non se ne sia fatto più niente. Da quando mamma se n’è andata, mia sorella non ha passato una sola notte in camera sua. Neanche io, se è per questo. Dormiamo tutte e due nella stanza di mamma, perché c’è un letto abbastanza grande per entrambe e anche la TV. Credo che all’inizio volessimo come tenerle in caldo il letto, adesso invece lo scaldiamo per noi stesse. Noi due insieme. La porta della camera di Wren è quasi sempre chiusa, tranne quando deve entrare a prendere o lasciare qualcosa. Preferiamo che resti così.
Calano le ombre. Wren mi stringe forte.
Quando mamma la metteva a letto le cantava una canzone o le leggeva un libro finché non si addormentava. Certe notti, quando andavo a letto presto, le loro chiacchiere smorzate erano come il ronzio di un ventilatore che mi trasportava, tra musica e risate, verso i miei sogni. E io? Io fisso il soffitto, una mano sulla schiena di Wren. Inspiro. Espiro. Vita.
Mamma se n’è andata con una sola valigia e una borsa per il computer, ha detto che voleva raccogliere le idee e che sarebbe tornata presto. Che avremmo potuto sentirla per telefono e che ci avrebbe comunque chiamato ogni giorno. Quando le abbiamo chiesto dove stesse andando, ci ha risposto che non lo sapeva. Ma qualcosa deve pur aver saputo. Stava andando da qualche parte. Ci ha lasciato un freezer pieno e alcune centinaia di dollari, mi ha detto che le bollette del mese in corso erano già state pagate, e poi via. Era un po’ confusa, occhi sgranati e spenti. Ci ha a malapena abbracciate prima di salire sul taxi per l’aeroporto.
Era come se non ci vedesse, come se fossimo dei fantasmi. Ma ormai lei era solo un guscio vuoto. La mamma che conoscevo non c’era già più, se n’era andata da un pezzo. Quindi, più che salutarla, abbiamo lasciato andare ciò che restava di qualcosa che era comunque un ricordo sbiadito.


La notte che ho dipinto il cielo
La notte che ho dipinto il cielo
Estelle Laure


TITOLO ORIGINALE: This raging light
EDITORE: De Agostini
PAGINE: 278
ANNO: 2016


Per Lucille, diciassette anni e una passione per l’arte, l’amore ha il volto della sorellina Wrenny. Wrenny che non si lamenta mai di niente, Wrenny che sogna un soffitto del colore del cielo. E poi ha il volto di Eden. Eden che è la migliore amica del mondo. Eden che sa la verità. Quella verità che Lucille non vuole confessare nemmeno a se stessa: sua madre se n’è andata di casa e non tornerà. Ora lei e Wrenny sono sole, sole con una montagna di bollette da pagare e una fila di impiccioni da tenere alla larga. Prima che qualcuno chiami i servizi sociali e le allontani l’una dall’altra. Ma è proprio quando la vita di Lucille sta cadendo in pezzi che l’amore assume un nuovo volto: quello di Digby. Digby che è il fratello di Eden, Digby che è fidanzato con un’altra e non potrà mai ricambiare i suoi sentimenti. O forse sì? L’unica cosa di cui Lucille è sicura è che non potrebbe esserci un momento peggiore per innamorarsi…


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