Magazine Attualità

Chi è Horacio Cartes, l’imprenditore diventato presidente del Paraguay

Creato il 16 agosto 2013 da Eldorado

Il Paraguay è tornato nella legalità e lo ha fatto oggi, con la cerimonia che ha ufficialmente installato Horacio Cartes alla presidenza. Archiviato il golpe tecnico, affossato l’esperimento sociale dell’ex vescovo Lugo, rimosso il governo diretto da Federico Franco, il paese sudamericano si appresta a guardare verso il futuro alla guida di un imprenditore. Una formula, questa, che continua ad avere successo anche in America Latina (Piñera in Cile, Martinelli a Panama, Saca in El Salvador per esempio): l’uomo d’affari capace di costruire imperi economici impressiona l’elettorato anche a queste latitudini. Quale poi sia la natura degli affari rimane un dettaglio trascurabile.

Horacio Cartes, 57 anni, è l’ultimo di questa lista di uomini d’affari prestati alla politica che raggiunge la presidenza di un Paese. Una passione nata solo quattro anni fa quando ha aderito al Partido Colorado, storico partito della destra conservatrice, un partito capace di adattarsi sia alle esigenze della dittatura (i 35 anni di Strossner) che a quelle della democrazia. Il suo nome, fino ad allora, aveva acquisito popolarità, manco farlo apposta, alla presidenza del La Libertad, squadra di calcio assurta in pochi anni dall’anonimato alle cronache sportive sudamericane. A Cartes fanno però riferimento diretto almeno venticinque tra imprese ed aziende, in campi differenti: finanza (la banca Amambay), allevamento, ma anche sigarette, liquori.

Affari che qualcuno ha tacciato di sporchi, in collusione con il narcotraffico. Il presidente uruguayano Mújica, anzi, non è andato per il sottile parlando apertamente di ¨narcodolarismo¨ in riferimento al nuovo governo del Paraguay. Con che basi? L’investigazione aperta dalla DEA nel 2007 che reputava la Banca Amambay un centro di riciclaggio di denaro del narcotraffico e che lo metteva in relazione anche con i traffici di contrabbando della Triple Frontera. Un’accusa che Cartes ha sempre negato e che non gli ha impedito di organizzare una campagna elettorale che lo ha visto trionfare vuoi per merito proprio, vuoi anche per un colpo di fortuna, la morte dell’ex generale Lino Oviedo –suo rivale- in un opportuno incidente d’elicottero. Secondo un ex agente della CIA, dietro le accuse a Cartes ci sarebbero le compagnie multinazionali del tabacco, con le quali il neo-presidente non avrebbe una buona relazione. Lui si dice tranquillo: ¨Cercate, non troverete una sola denuncia contro di me nei tribunali¨. Gli Usa, all’indomani della sua vittoria, non hanno dubitato a congratularsi con lui, dichiarando l’interesse di collaborare con il nuovo governo del Paraguay ¨nella difesa e la promozione della democrazia, dei diritti umani e del commercio¨.

La pace è fatta, insomma. Cartes vuole ridurre la povertà (che colpisce il 39% della popolazione) e, soprattutto, togliere il Paraguay dall’impasse internazionale in cui si è trovato all’indomani del golpe tecnico contro Lugo. La presenza del Venezuela nel Mercosur è diventata intollerabile per il governo di destra paraguayano ed il Paraguay ha già annunciato che lavorerà, pur mantenendo aperte le relazioni con Mercosur ed Unasur, per trovare nuove e più interessanti opzioni nello scacchiere continentale.

Alla cerimonia, però, erano proprio in pochi. A parte i vicini (Argentina, Brasile, Uruguay e Cile), c’erano solo Ollanta Humala (la cui politica estera si può riassumere nel detto un colpo al cerchio e l’altro alla botte), il presidente di Taiwan ed il Principe ereditario di Spagna, nella sua veste di gran cerimoniere continentale. Poco, insomma, per un paese che vuole dettare nuove regole a livello sudamericano. Poco, perché, proclami a parte, il Paraguay continua ad essere privo di credibilità internazionale. Nonostante le assicurazioni e le spiegazioni, il golpe tecnico –presentato sempre come un processo legale e costituzionale- non ha mai convinto nessuno fuori delle frontiere del paese sudamericano. Uomo dei poteri forti, Cartes continuerà con la tradizione conservatrice di un paese che continua a foraggiare un’oligarchia sorda ai reclami sociali. Le opportunità, però, nelle sue parole saranno per tutti, in cinque anni di governo che costruiranno, a sentire lui, ¨la grande nazione che tutti ci meritiamo¨.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :