Tra i tanti termini curiosi e tipici della lingua napoletana, vi è mai capitato di menzionare o di sentire l’insolito nome “guappo”? Sicuramente sì, visto che si tratta di un termine che designa una figura che in passato ha avuto una grande rilevanza non solo a livello sociale ma anche storico.Tutt’oggi viene utilizzato per definire qualcuno che si dà arie da boss.
Chi era il guappo e da dove deriva il termine?
Innanzitutto l’etimologia del sostantivo è davvero incerta, nonostante ci siano due tesi quasi plausibili: la prima secondo cui deriverebbe dallo spagnolo “guapo“, che significa bello e l’altra di derivazione dialettale, dal comasco o anglo-sassone Vap. In ogni caso, si sa con certezza che la parola inglese Wop, che designa gli italiani all’estero in senso negativo e dispregiativo, sia derivata da guappo.
L’imponente figura del guappo comparve a Napoli, nella cerchia della criminalità, nel Secondo Dopoguerra. Si può definire come un mix tra un malavitoso ed un giustiziere, a cui ci si rivolgeva per difendersi nelle dispute, nelle situazioni più difficili da affrontare. Ogni quartiere infatti aveva il suo “guappo di fiducia”, un uomo ben curato nell’aspetto fisico, dalla postura impostata, amante dell’abbigliamento abbastanza vistoso e talvolta eccessivo, sicuro di sé e del suo ruolo, pronto ad intervenire sempre. Si prodigava inoltre per cercare di “far mettere la testa a posto” ai giovanotti che non intendevano sposare le giovani partenopee con cui avevano concepito un figlio. Ben presto però tale figura cominciò ad estinguersi, mescolandosi con i camorristi e dedicandosi di conseguenza all’organizzazione del gioco d’azzardo, allo sfruttamento della prostituzione e traffico criminale.
Tale figura è stata menzionata non sono nei film , tra cui il più famoso L’Oro di Napoli, che vede protagonista Totò ma anche nelle canzoni napoletane, nelle sonetti e nelle novelle di Salvatore Di Giacomo, nelle macchiette di Raffaele Viviani – da citare la più famosa “Guappo ‘e cartone” ed in una commedia di Eduardo De Filippo, intitolata “Sindaco del Rione Sanità”.
Dulcis in fundo ma non di minore importanza, è doveroso citare “La modernità squilibrata del mezzogiorno d’Italia” di Francesco Barbagallo, che descrive il guappo non solo come un “plebeo camorrista” dalle origini borghesi, esibizionista ed egocentrico, quasi quanto una prima donna, a capo di organizzazioni camorristiche e criminali ma anche come intermediario mercantile tra i contadini ed i prodotti da vendere. Una sorta di “controllore” dell’ambito ortofrutticolo, pronto a stabilire i prezzi per la compra vendita ed a trattare con i clienti e fornitori, uno spicciafacenn insomma.