Michele Serra dà per scontato che nella corsa al Quirinale il Partito Democratico debba necessariamente accontentare uno tra Grillo e Berlusconi, dicendo poi sostanzialmente che bisogna accontentare Grillo e legando quindi la scelta settennale di un Presidente della Repubblica ad una con orizzonte massimo di 6 mesi. Dice, poi, che accontentare Grillo sarebbe una soluzione di coraggio (semplifico) e che, praticamente, qualsiasi altra cosa oltre a Rodotà o Gabanelli sarebbe a questo punto un problema e sarebbe sbagliata. Esponenti del PD, anche quelli che fino a ieri si auguravano scelte indipendenti dalle sorti del governo, rilanciano la teoria del “Rodotà o Gabanelli, che così poi si fa il governo del cambiamento con Grillo” (che comunque a me pare stia giocando la parte del siciliano che fa vedere l’oro agli ateniesi prima della guerra del Peloponneso).
Lo trovo un suicidio politico. Il PD deve scegliere se provare a trovare e proporre un nome condiviso da tutti oppure portare avanti una personalità sua e solo sua, perlomeno ai primi scrutini. Perché o tutte le parti politiche capiscono che il Presidente della Repubblica deve essere simbolo dell’unità nazionale del paese e quindi, a quel punto, si prova a cercare un uomo alla Ciampi (e ce ne sono) oppure si entra in scrutinio ognuno sulle sue posizioni e deciderà il parlamento-riunito-in-seduta-comune-insieme-ai-delegati-regionali, come accaduto molte altre volte.
Ma legare il Qurinale all’opportunità del governo: quello no. Quello è esattamente il modo per delegittimare agli occhi degli italiani l’unica Istituzione autorevole rimasta nel paese. E a me, sia se lo si faccia per accontentare Berlusconi, sia lo si faccia per accontentare Grillo, mi pare una pazzia.
Trovare una terza via, pensare fuori dagli schemi e dai nomi di cui da settimane sono stati pieni i giornali, è ancora possibile. E sarebbe la soluzione migliore.
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