di Alberto Giusti
Ieri il governo Monti ha perso l’appoggio del Popolo delle Libertà. Dopo l’annuncio, nella serata di mercoledì, che Silvio Berlusconi meditava un ritorno in campo a causa delle “disastrose condizioni del paese” di fronte alle quali “non poteva tirarsi indietro”, è stato il solito tecnico caduto dalle nuvole, pur essendo il più uomo di mondo del governo, Corrado Passera, a rilasciare la dichiarazione bomba che ha innescato una micidiale reazione a catena. Il ministro per lo Sviluppo Economico ha dichiarato al mattino che una ricandidatura di Berlusconi “non sarebbe un bene per il paese”. Apriti cielo! Come se nel Pdl non stessero aspettando qualcosa di meglio come scusa per far cadere il governo. È così che, in mattinata, al Senato un sempreverde e a quanto pare ancora ascoltato Gasparri, capogruppo, fa mancare i suoi alla votazione sul DL Sviluppo, pur non facendo mancare il numero legale. Da iniziale apparente ritorsione contro il ministro Passera, in poche ore la valanga di dichiarazioni (la migliore delle quali e la più condivisa in rete è quella di Crosetto, che “stufo” per il ritorno di Silvio lascia gli studi di La7) catapulta l’esecutivo in una crisi anticipata. Importante, in questo senso, l’uscita della capogruppo PD al Senato, Anna Finocchiaro, che afferma un principio di “Costituzione materiale”, direbbero i giuristi: ovvero che se al governo viene a mancare il maggior partito parlamentare, nonché quello che ha vinto le elezioni, allora la legittimità dell’esecutivo deve ritenersi compromessa. Di qui la fatidica frase che, pronunciata in mattinata, ha segnato l’intera giornata: “Monti vada da Napolitano”.
Il Governo Monti – corrieredelgiorno.com
E così scoppia il caos, perché alla Camera nel pomeriggio c’è un altro provvedimento con apposta fiducia, quello sui costi della politica. E il Pdl in poche ore trova la linea: “non condividiamo più la politica economica del governo”. Già, e fino a ieri? E quando eravate al governo? Eh, ma la sera prima Silvio ha detto che l’Italia è alle pezze, e allora bisogna rendere plausibile e sorreggere la tesi del padre padrone.
Alla Camera il Pdl si astiene, ma anche col voto di qualche dissidente (e non di poco peso: tra gli altri, Frattini) la fiducia c’è. Ma il discorso fatto dalla Finocchiaro in mattinata è ancora valido. Con quale legittimità Monti può continuare a stare a Montecitorio, se non è più sostenuto da chi ha vinto le scorse elezioni? È una regola non scritta, questa, che è stata applicata in tutta la seconda repubblica.
E il teatrino riparte. Lo spread sale, la Lega chiede le dimissioni di Monti, Alfano è alla ricerca di se stesso.
È singolare che tutto questo accada con tante e tali coincidenze. Ieri il governo varava il decreto sull’incandidabilità dei condannati. Il Pd nei sondaggi è dato al 36%. Renzi non pare avere voglia di uscire dal centrosinistra. La Meloni era la più quotata per vincere le primarie del Pdl. La legge elettorale in discussione non consentirebbe il controllo capillare degli eletti (col porcellum, talmente controllabili da essere stati giornalisticamente detti “nominati”). Le elezioni regionali di Lazio, Molise e Lombardia si potrebbero tenere a inizio febbraio, con un probabile risultato sfavorevole al centrodestra che mobiliterebbe ulteriormente il centrosinistra per il voto nazionale. E quindi meglio votare tutto insieme il prima possibile. Insomma, tanti fattori che devono aver proiettato in Berlusconi tutte le sue ancestrali paure, a partire dal rischio di un pericoloso comunista alla guida del paese.
Berlusconi è terrorizzato dall’arrivo della Terza Repubblica. Un qualcosa in cui i candidati si scelgono dal basso, e magari se al centrosinistra si pensa di fare le primarie anche per i parlamentari, nel centrodestra si ipotizza di farle per il candidato premier. Uno scenario in cui i vincitori delle competizioni non se la tirano a dismisura, ma iniziano a darsi un profilo internazionale utile ad affrontare i prossimi impegni del paese (vedi Bersani in Libia) e gli sconfitti ammettono la sconfitta, questa sì cosa decisamente inconcepibile per Silvio (vedi il discorso di Renzi la sera del ballottaggio). Un paese in cui l’ironia dei social network e la velocità dei tweet possono mettere al palo anche le grandi televisioni private. Un’Italia nella quale non si governi solo seguendo il sondaggio del giorno, ma impostando un programma di lungo periodo.
Tutto questo Berlusconi non lo condivide, o non riesce a capirlo. Il paese, in questo anno senza di lui, ha visto che c’è qualcosa “oltre”. E dalla nozione di “paese”, qui dobbiamo escludere tutta la dirigenza nazionale del Pdl, che tranne rari casi oggi ha mostrato di non avere progettualità, di non riuscire ad alzare lo sguardo dalle mura della villa di Arcore.
La civiltà occidentale d’altronde, progredisce fin dai tempi di Crono e Zeus con l’assassinio del padre. Se Berlusconi può ritenersi fra i fondatori, a buon titolo, della seconda repubblica, potremo, con le elezioni del 2013, lanciarci definitivamente in una nuova fase della democrazia italiana.