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Chi non fa il ponte

Creato il 30 aprile 2012 da Giustina
 
Chi non fa il ponte
Milano è sinistramente silenziosa da tre giorni: chi fa il ponte si sta perdendo una città che pare la scenografia di un film. L’Ultimo Attore sulla Terra. Storia di un tizio che pur recitando da schifo vince tutti i premi della critica, perché se no andrebbero portati in discarica, e nessuno ha voglia di farsi lo sbattimento.
Approfittando del ponte che non ho fatto, stamattina mi sono svegliata con l’impellenza di dare un senso ai balconi del mio appartamento. Fiori! Piante! Vasi! Sottovasi!  Appendivasi! Uno spray contro l’appiccicosa cocciniglia che ha preso d’assalto la mia mimosa! Zampironi (che, prima o poi, il caldo arriverà spietato insieme a cumulonembi di zanzare tigre) e torce alla citronella! A me!
In cinque minuti sono fuori da Milano. In meno di un quarto d’ora a Carugate. Non c’è coda all’uscita 14 della Tangenziale Est. Poi ho capito perché. Chi non fa il ponte va all’Ikea e da Leroy Marlin.
I milanesi hanno puntato la sveglia alle 8, e alle 9 del mattino sono già TUTTI qui: chi trova un parcheggio alle 11... trova un tesoro. “Sta andando via?” chiedo a un ragazzo dall’aria per bene che sta caricando il portapacchi della sua auto con meticolosità. La sua passione per il Tetris è evidente. “Sì, ma con calma” mi risponde. Come dargli torto: è anche il suo, di ponte.
Lascio Dexter tranquillo e mi allontano. Trovo un altro parcheggio e mi ci infilo come una supposta di glicerina. Leggo il labiale del tizio dietro di me: stronza. Ricambio con piacere.
Decido di cominciare da Leroy Marlin e di terminare con l’Ikea. All’entrata di LM, Elton quasi mi vende una macchinetta del caffé in comodato d’uso. “Ti costa solo un euro al giorno.” “Ma io ho già la Nespresso…” “Dilettante. Assaggia questo.” Mi divincolo dopo aver scroccato a Elton un espresso favoloso. Penserò seriamente alla sua proposta: è nella mia natura.
Chiedo, cerco, trovo, cambio idea, chiedo ancora, scelgo, rinuncio, acchiappo e, alla fine, vado in cassa e il mio cuore bradicardico quasi si ferma: code che si attorcigliano su se stesse e girano attorno agli scaffali. Code che non ne vedi la fine. Code che, se ci fosse il sole e un povero Cristo vestito da Prezzemolo, Leroy Marlin sembrerebbe Gardaland.  Verde, è verde.
Le code mi mettono l’ansia. La gente è pronta ad abbattere chiunque gli si affianchi, con o senza carrello: mamme, nonne, VIP e commessi stessi. “La fila comincia laggiù.” “Sì, sì, stavo solo...” “Comincia laggiù.” “Vado.” “Laggiù.”
Tre quarti d’ora dopo raggiungo l’uscita. “E ora Ikea” penso spingendo il carrello verso l’auto, “devo solo stare attenta a non farmi fottere dalle polpettine, dal salmone e dagli hot dog: non devo guardarli.“ Naturlamente ha cominciato a piovere, ma va bene: la guerriglia urbana non ammette belle giornate. E poi, a chi non fa il ponte, del sole e del cielo azzurro non potrebbe fregargliene meno.

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