Magazine Diario personale
Chi s’accontenta gode.Persone dalla vita stabile, certa, coraggiosamente edificata su solide fondamenta di paura della propria ombra. Per puntellare e confortare la rinuncia a tentare un qualcosa di non calcolato, di non prevedibile, ti dicono che “Chi s’accontenta gode”.Sapersi accontentare, saper cogliere la positività in ogni frangente, saper vedere un bicchiere mezzo pieno, possono essere belle qualità. Aiutano anche a tirare avanti in certi momenti, veri espedienti psicologici di salvezza.Io sono più le volte che ho saputo di quelle che ho dovuto accontentarmi. Son contento di avere la capacità di sapermi accontentare.
Ma resta un accontentarsi. Il godimento nulla ha da spartire col sapersi accontentare.Gode solo chi osa farlo, come per il volo.Godere è un’altra cosa. Godere è il bicchiere così pieno, al punto da tracimare e bagnare tutto intorno.Chi s’accontenta più facilmente è felice, o, per dirla meglio, è meno esposto ai rischi di caduta nell’infelicità.Ma non gode, perché godere è un orgasmo che va oltre il senso di felicità.Non serve nemmeno provare a descriverlo un orgasmo esistenziale, intanto chi si accontenta non è mentalmente attrezzato per coglierne le sensazioni.Accontentarsi può essere una scelta di buon senso, un limite dettato dalle circostante, un obbligo imposto. Non certo la via verso il godimento.Se ad accontentarti arrivi a provare godimento, siamo nella sfera delle pulsioni psicofeticiste.Il vero godimento esige il rifiuto della misura, il rigetto del “mi scopo la vita col coito interrotto”, dell'ansimo pacato e misurato.Vale davvero quanto già detto da altri: chi s’accontenta gode, chi gode s’accontenta di più.Purtroppo, per certe persone, il massimo godimento cui possano ambire è una risatina tisica, senza convinzione, senza incarnato, dalla quale hanno imparato a ritenersi appagati.Davvero buon per loro se ne sono sinceramente convinti.Per me, elevare la necessità a regola di edonistica virtù, ha in sé il germe del vizio, detto senza offesa per Epicuro o De Sade. Il vizio della pacatezza come massima aspirazione di piacere possibile.
K.
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