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Chi scrive, chi racconta e chi vive la storia

Da Anima Di Carta
Chi scrive, chi racconta e chi vive la storia Questo post nasce dalla richiesta di un lettore che mi ha scritto dopo la pubblicazione delle mie riflessioni sugli errori di narratore e punto di vista, confuso da quello che avevo detto.
Chiaramente nello scrivere quel post, come anche era già successo per gli altri della serie, ho dato molto per scontato. Non credo avrei potuto fare diversamente, perché quando si prende in esame un romanzo per revisionarlo si deve presumere di averlo già scritto e quindi di conoscere già bene argomenti come il "punto di vista".
Comunque, mi è stato chiesto di fare più chiarezza, parlando un po' terra-terra di questi concetti. Devo dire che sono stata un po' combattuta se scrivere o no questo post, sia perché temo possa risultare un po' pedante, sia perché sicuramente corro il rischio di annoiare chi già sa tutto (e molto di più). Comunque, mi sono decisa a correre questi rischi e a tentare di fare chiarezza.
Nella narrativa esistono tre figure distinte: l'autore, il narratore e il punto di vista. Chi scrive materialmente un romanzo o un racconto è l'autore. Narratore è chi racconta la storia. Il punto di vista è invece il personaggio attraverso il quale viene raccontata la storia.
Provo ora a descrivere queste figure nella pratica.
1) Il caso più semplice è quello di uno scrittore che pensa di aver vissuto qualcosa di abbastanza degno di essere raccontato e decide di scrivere un romanzo o un racconto autobiografico usando la prima persona. In questo caso l'autore è anche il narratore e adotta il suo personale punto di vista, la sua stessa coscienza per mostrare quello che è accaduto.
Faccio un esempio, traendolo da "Il diario di Anna Frank" (non si tratta davvero un romanzo autobiografico, ma passatemi la cosa per comodità):
Venerdì 12 giugno ero già sveglia alle sei: si capisce, era il mio compleanno! Ma alle sei non mi era consentito d'alzarmi, e così dovetti frenare la mia curiosità fino alle sei e tre quarti. Allora non potei più tenermi e andai in camera da pranzo, dove Moortje, il gatto, mi diede il benvenuto strusciandomi addosso la testolina.
Anna racconta in prima persona qualcosa che ha vissuto lei stessa e la mette su carta. Autore, narratore e punto di vista sono qui la stessa persona.
2) Poniamo il caso invece che l'autore scriva una storia inventata, facendo finta di aver vissuto davvero quello che racconta e dunque sempre parlandone in prima persona. L'autore e il narratore non sono più la stessa figura; l'autore non compare, si limita a scrivere, calandosi nei panni di chi ha vissuto la storia. Narratore e punto di vista invece coincidono: chi parla filtra anche ciò che viene raccontato.
Questo esempio è l'incipit del racconto "Il gatto nero" di E. A. Poe:
Per il racconto più straordinario, e al medesimo tempo più comune, che sto per narrare, non aspetto né pretendo di essere creduto. Sarei davvero pazzo a pretendere che si presti fede a un fatto a cui persino i miei sensi respingono la loro stessa testimonianza.
Per portare il lettore a credere a ciò che sta per dire, l'autore racconta come se avesse fatto esperienza diretta della vicenda e ne parla in prima persona.
3) Un'altra possibilità per raccontare una storia è quella di scriverla in terza persona. Anche in questo caso l'autore resta nell'ombra, scrive e basta. Chi narra non descrive più se stesso e ciò che ha vissuto, ma ciò che è accaduto a personaggi di fantasia. E per farlo sceglie un punto di vista, cioè una prospettiva dalla quale guardare.
Anche qui faccio un esempio. Il brano è tratto dal romanzo "Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie:
Vera Claythorne, in uno scompartimento di terza classe dove avevano preso posto altri cinque viaggiatori, appoggiò la testa sullo schienale e chiuse gli occhi. Faceva molto caldo in treno, quel giorno. Sarebbe stato piacevole l'arrivo al mare.
Vera Claythorne è uno dei personaggi del romanzo. Qui l'autrice si cala nei suoi panni e racconta usando il suo punto di vista, come poi farà anche per gli altri personaggi. Nel romanzo in questione la prospettiva cambia da scena a scena, ma ci sono anche storie in cui l'autore si focalizza su un unico protagonista per tutto il tempo.
Inoltre, in questo caso il narratore è una voce esterna e impersonale, che mostra di non conoscere più di quello che sanno i personaggi stessi. Man mano che la storia procede, il narratore descrive i fatti come sono accaduti.
4) Altro caso è invece quello di un narratore onnisciente, cioè che conosce tutti i fatti come se fosse un dio seduto su una nuvola.
L'esempio lo prendo questa volta da una favola, Cappuccetto Rosso.
Quando Cappuccetto Rosso giunse nel bosco, incontrò il lupo, ma non sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura. "Buon giorno, Cappuccetto Rosso," disse questo. "Grazie, lupo".
In questo brano la frase "non sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura" dimostra chiaramente che chi sta raccontando sa molto più di Cappuccetto Rosso e dunque è quello che viene chiamato in termini tecnici "narratore onnisciente".
In questo caso il punto di vista non è quello del personaggio, ma del narratore: è lui che vede tutto e può raccontarlo. Infatti, più avanti nella favola, Cappuccetto Rosso finisce nelle fauci del lupo, ma la storia non finisce.
5) Mi fermerei qui per non creare confusione, anche se ci sono molti altri modi di raccontare e quindi di usare narratore e punto di vista. Però riporto un ultimo esempio per mostrare un caso estremo, poco usato ma comunque esistente.
Si tratta un brano uscito dalla penna di José Saramago, l'incipit di "Le intermittenze della morte".
Il giorno seguente non morì nessuno. Il fatto, poiché assolutamente contrario alle norme della vita, causò negli spiriti un enorme turbamento, cosa del tutto giustificata, ci basterà ricordare che non si riscontrava notizia nei quaranta volumi della storia universale, sia pur che si trattasse di un solo caso per campione, che fosse mai occorso un fenomeno simile, che trascorresse un giorno intero, con tutte le sue prodighe ventiquattr'ore, fra diurne e notturne, mattutine e vespertine, senza che fosse intervenuto un decesso per malattia, una caduta mortale, un suicidio condotto a buon fine, niente di niente, zero spaccato. 
Qui non c'è un punto di vista preciso, anzi non c'è (almeno nella prima parte del romanzo) neppure un personaggio vero e proprio. Forse si potrebbe dire che il protagonista è l'umanità intera. Lo sguardo con cui vengono raccontati i fatti è quello di un narratore impersonale e così distaccato che sembra possa guardare tutto e tutti dall'alto. 
Spero di non aver scritto scemenze, che nessuno si sia annoiato e che soprattutto il lettore confuso abbia le idee un tantino più chiare di prima.
Nel salutarvi, vi ricordo che tutti i vostri commenti sull'argomento sono i benvenuti!
Anima di carta

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