Magazine Diario personale

"Chi sei, tu?" 1.

Da Oliviabluebell
La sveglia suona, impietosa. Vorresti supplicarla di concederti ancora dieci minuti in più per sonnecchiare ma sai che hai avuto i tuoi buoni motivi per puntarla alle 6:30.
Ti alzi pigramente, ti stiracchi un po' e ti dirigi verso il bagno.
Cerchi di togliere gli ultimi residui di sonno dal tuo viso con dell'acqua fredda e ti guardi allo specchio, occhi negli occhi.
Oggi è un giorno che non dimenticherai.
Il profumo del caffè invade la cucina, ne hai bisogno; lo versi nella tazza e, mentre lo sorseggi, guardi quel biglietto. Rifletti.
Ti infili i vestiti che hai scelto ieri sera, hai cercato un abbinamento semplice, in cui sentirti comoda perchè non avrai bisogno di stupire. Tutto quello che si doveva vedere di te è stato visto.
Lanci uno sguardo nello specchio alla parete: sì, vai bene così.
Una passata di mascara, una pennellata di fard e un velo di gloss sono tutto ciò che ti concedi.
Prendi al volo la borsa, la sciarpa, ti nascondi dietro quelle lenti scure ed esci.
Sali sul treno, trovi il tuo posto e ti siedi. Inizi a pensare a come sarà, a come sarai tu, perchè è per questo che ti ritrovi su questo treno: scoprire chi sei.
Chiudi gli occhi e decidi di lasciarti cullare; non hai voglia di pensare, di far intervenire il tuo cervello. Questa è stata la premessa, eppure è così difficile per te non pensare e non sai se la saprai rispettare.
Finalmente arrivi, credevi ci avresti messo più tempo e invece eccoti già qui, in una città che hai sempre visto di sfuggita. Oggi non sarà di certo il giorno in cui riuscirai a farci un giro e scoprirla un po'.
Ti infili in un taxi e dici dove vuoi andare.
Il taxista ti studia: cogli il suo sguardo piantonato nello specchietto mentre siete fermi a un semaforo rosso.
Sai che si sta facendo mille domande in testa, sul chi tu sia e perchè vada lì, quasi le senti. Perchè il tuo apparire inganna e mal si accosta con ciò che gli hai appena chiesto.
Non hai un trolley, non hai una valigia, nemmeno un borsone.
Il tuo sguardo vaga fuori dal finestrino, scorre le vie assolate che incroci, senti la tua curiosità crescere. Quella stessa curiosità che ti spingerebbe a chiedergli di accostare, scenderesti e faresti una passeggiata. Magari ti siederesti al tavolino di un bar ad osservare la gente che ti passa davanti, ma non puoi. Ti mordi la lingua e procedi.
"Eccoci arrivati, signorina", dice il taxista. Paghi. Scendi.
103.

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