Chiacchierata mitologica
29 aprile 2013 di Dino Licci
di Dino Licci
Jean-Simon Berthélemy e Jean-Baptiste Mauzaisse, Prometeo dà vita all’uomo, fresca, 1802, Parigi, Louvre. (da Wikipedia)
La mitologia mi ha sempre affascinato anche perché non è infarcita solo di ingenuità, ma spesso contiene significati profondi e mette in stretta relazione fenomeni fisici, astronomici e sociologici. Quando rivolgo il mio sguardo al cielo stellato, non posso che inchinarmi davanti alla fantasia degli antichi greci che, collocando nel cielo i tanti personaggi della loro fantasia, mostravano di avere una buona conoscenza dell’Universo stellato come già gli antichi Egizi che avevano nelle stelle di punti di riferimento ben precisi.. Sto pensando alle Pleiadi, le sette figlie del titano Atlante trasformate da Zeus in stelle perché potessero sfuggire alle brame di Orione, che le inseguiva da sette anni per soddisfare su di loro i suoi lascivi appetiti.. Se nelle notti d’estate alziamo lo sguardo al cielo, ancora le potremo vedere poste lì tutte assieme, inseguite da Orione, anche lui trasformato in una costellazione.
Fra queste Pleiadi c’è Maia che viveva in una caverna sul monte Cillene in Arcadia. Zeus se ne invaghì ed una notte, profittando del sonno della gelosissima Era, la sedusse e dal loro amore nacque Ermete, il messaggero degli dei, la guida delle ombre nell’Ade ( il regno dei morti) o, se vogliamo, il protettore dei ladri e dei mercanti accomunati insieme da un’arguzia pungente.
Ermete (adottato dai romani come Mercurio), viene rappresentato con un elmo fornito di ali. Ha in mano il “caduceo”e piedi anch’essi alati a ricordare la sua velocità. Il caduceo è ornato da due serpenti a ricordo del giorno che i rettili si attorcigliarono al suo bastone mentre cercava di dividerli ed è il simbolo dei farmacisti perché Ermete s’interessò anche di alchimia.
Già nel primo giorno di vita Ermete, che era precocissimo, ne combinò di tutti i colori. Rubò, per esempio, cinquanta giovenche alla mandria di Apollo che, trovandolo addormentato nella culla nel suo primo giorno di vita, dapprima non sospettò di lui. Ma dovette subito ricredersi perché, durante la discussione Ermete, questi gli rubò la faretra e le frecce. Mosso da ammirazione per l’abilità del fanciullo, Apollo lo perdonò e gli affidò l’armento in cambio di una lira che, sempre nello stesso giorno, Ermes aveva costruito con il guscio di una tartaruga morta. Maia insomma, aveva generato un gran birbante che la leggenda vuole accompagnasse sempre sua madre. Essa è considerata la dea della fecondità e del risveglio della natura con l’arrivo della primavera. Il mese di Maggio le deve il nome come pure la parola maiale perché pare che il dio Vulcano le sacrificasse una scrofa gravida il primo giorno del mese di Maggio perché anche la terra fosse gravida di frutti per l’umanità. Sebbene versioni contrastanti la vogliono da una parte nel cielo assieme alle sue sorelle, dall’altra sulla terra, nel cuore della Maiella, questa madre natura, altrimenti rappresentata in tante altre storie antiche ammantate di mistero, è sempre quella Dea che protegge i raccolti ed indirettamente gli armenti, ad assicurarci il grano, il cibo, il ricambio, le stagioni, il sole, in ultima analisi la Vita. Dino