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Chiamalo come vuoi, ma resta un fumetto!

Creato il 15 novembre 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Sono uno che non si è mai vergognato di usare il termine graphic novel. Graphic novel inteso come sotto categoria del termine fumetto, sia chiaro. Non ho nessun problema ad usare una diversificazione su base contenutistica, artistica o di packaging.
Mi sta pure bene che sia una classificazione probabilmente confusa, spesso bugiarda e ancor più spesso usata furbescamente. Il fumetto stesso è un mezzo talmente ibrido, così aperto a evoluzioni e contaminazioni, che mi pare naturale non sia facile chiuderlo in una definizione univoca.
Se, con questa diversificazione, qualche piccolo o grande numero si è smosso, e un fumetto in più è stato letto, per me è sempre un bene.

Chiamalo come vuoi, ma resta un fumetto!

Chiamalo come vuoi, ma resta un fumetto!
La copertina non c’entra niente con tutto il discorso, ma quanto è psichedelica?

Dove sta il problema allora?
Nasce quando il termine graphic novel – se non peggio –  viene usato per prendere le distanze dal fumetto, e far intendere che si tratta di due cose ben differenti e dal valore assolutamente non paragonabile. Su questo mi accodo alle fila di indignati coi forconi.

Ma non è tutta colpa del/le graphic novel, come molti sembrano voler far credere. È lo stesso meccanismo mentale per il quale certo fumetto ha valore in sé solo perché underground, o indipendente o indie. O secondo cui il quale i manga “non sono fumetti” come certi lettori vanno a dire (forse pure spalleggiati da qualche editore che ha interesse a creare recinti piuttosto che ampliare gli orizzonti di lettura dei propri clienti).
Che sia una sorta di vergogna verso il fumetto in sé, o la intima volontà di restare all’interno di una nicchia nella nicchia, poco cambia.

Ma, caro lettore là fuori, ti svelo un segreto: qualunque cosa ti sia convinto di leggere, sempre fumetto è. Fattene una ragione.


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