Per la prima volta, sulle strade del Sud Est asiatico, siamo in 4: una coppia di amici viaggiatori ci accompagna per un pezzo di strada, per poi volare in Birmania quando non voleremo verso sud, verso il mare. E sono felice, perché stanno calmando la mia paura di viaggiare con gli altri.
Lui un fotografo bravissimo, lei una naturalista che è riuscita a farmi appassionare di foglie, piante e fiori ( e che ha pure un blog diario, ma non lo dice a nessuno... E io tiè, gli faccio pubblicità).
E quindi, dopo una splendida serata a Bangkok con Andrea, Kevin e Dew, ci siamo alzati di buon ora per prendere il primo volo, il primo pezzo di strada: Chiang Rai.
Il post sarà più utile che bello, perché online di post a riguardo non ne ho praticamente trovati.
Siamo volati da Bangkok con air Asia (circa 25€) e in circa un'ora e mezza siamo atterrati nel piccolo aeroporto di Chiang Rai.
Air Asia, sì la compagnia che ha registrato un bel disastro aereo poco tempo fa, a quanto pare per un errore umano.
Niente panico, di regola di viaggia molto bene, oltre che low cost.
Le sfighe succedono.
Il mezzo più comodo di arrivare in città è il taxi (circa 150 bath), e per due giorni alla carinissima Ben guesthouse abbiamo pagato 17,50€ a testa (circa 9€ a testa a notte), colazione esclusa.
La cittadina è davvero bruttarella: spoglia disordinata, il night bazaar (mercato notturno) è composto da tante bancarelle con souvenir non memorabili e magliette carine.
La zona del cibo decisamente poco invitante: chioschetti che si ripetono e che vendono cibo dal gusto occidentalizzato (involtini primavera e gamberi fritti)... Carino il fatto che facciano spettacoli gratuiti sul palco che troneggia sul piazzale.
Se volete prendere la macchina per visitare i dintorni il mio consiglio è fare una prenotazione online con largo anticipo: noi, sul posto, non l'abbiamo trovata girando più autonoleggi e siamo stati costretti a noleggiare una macchina con autista per una cifra esorbitante (3000 THB) rispetto al costo del noleggio (1000 THB al giorno circa).
Prima tappa al tempio bianco a pochi chilometri dalla città. Siamo andati in taxi e il taxista ci ha proposto 200 THB per portarci senza taxi meter, ma come d'abitudine abbiamo chiesto il tassametro e il costo finale era di circa 140THB. Sembrano sciocchezze (60 THB sono circa 1.50€), ma alla fine cono quei sol di puoi tranquillamente prendere un piatto di Pad Thai o una zuppa di noodles e pranzarci. Ovviamente questo è un discorso per chi viaggia davvero al risparmio.
Il Wat Rong Khun - o tempio bianco - è uno dei siti religiosi più strani e incredibili che mi è capitato di vedere in Thailandia: un tempio, completamente bianco e ricoperto di specchietti per riflettere la luce che già emana questa costruzione decisamente barocca e kitsh.
E' curioso perché prima di tutto è una costruzione moderna (1997) ed è un omaggio all'attuale re Rama IX.
Allora: se io fossi il re rimarrei un tantinello perplessa. Ok, il bianco per rappresentare la purezza di Buddha, l'acqua e gli specchi che simboleggiano la sua saggezza... Ma tutte le statue in stile manga, cosa dovrebbero rappresentare?
E' decisamente un posto strano. Oltretutto sono stata sgridata in continuazione.
Prima perché avevo i pantaloni troppo corti, poi perché mi sono fermata troppo nel vialetto d'ingresso, poi perché sono tornata indietro nel vialetto d'ingresso, poi perché stavo entrando con le scarpe (ok, qui ho sbagliato io)... Echeccavolo! Che ansia. Ovviamente tutti e tre i compagni di viaggio ridevano e mi prendevano in giro.
Curioso che accanto allo shop ci siano enormi teche piene zeppe di cose dimenticate: centinaia di custodie per macchine fotografiche, cappelli, chiavi della macchina che qualcuno avrà cercato disperatamente (quelle delle macchine a noleggio soprattutto). Lì, chiuse dietro quel vetro... Ti danno una strana sensazione.
Siamo tornati in città e siamo corsi a mangiare disperatamente qualcosa. La scelta è caduta su un posto chiamato Ja Jaroenchai (ร้าน จ.เจริญชัย) -400/11-12 Thanon Sanambin road - segnalato dal miglior blogger di cucina thai sul pianeta terra che vi consiglio alla grande. Dà la paga a Tripadvisor. Ma alla grande proprio.
Questo ragazzo mezzo thailandese vi regala un piccola guida e se volete poi per pochi dollari potete acquistare la guida completa ai ristoranti sparpagliati per la Thailandia. E' fantastico perché traduce tutto (se volete provare qualcosa che vi ispira nelle sue foto e non sapete come fare, basta mostrare il piatto o la scritta in thailandese), mette video deliziosi dei suoi post, e i locali/ristorante che sceglie sono tendenzialmente quello che cerchiamo noi: molto buoni e molto economici.
Quindi: bravo Mark, ottimo lavoro. Comprategli la guida.
Parentesi a parte.
Continuiamo il giro serale con ancora un buco nello stomaco, un buco che ci siamo volontariamente tenuti per il night Bazaar, che ha una zona di bancarelle in cui si può trovare un po' di tutto, ma soprattutto cibo occidentalizzato: gamberetti fritti, pad thai insapore, involtini primavera. Come un ristorante per stranieri spezzettato su banchetti tutti uguali. Tutto il mercato è un po' deludente a dir la verità. Turistico e un po' triste.
Carini gli spettacoli sul palco che guarda al piazzale dove tutti sono intenti a mangiare.
Il giorno dopo il nostro driver ci viene a prendere quasi puntuale.
Prima tappa, Wat Chedi Luang, delle rovine di un tempio di cui non sono sicuri della data di costruzione. E' in restauro, un po' spoglio... Niente di che, diciamolo.
Voliamo subito verso Wat Phra That Pha Ngao, un altro delizioso complesso di templi (nel villaggio di Sop Kham) che ha la particolarità di dare una buona visuale panoramica sul Mekong: dall'altra parte, il Laos.
Scendiamo un pochino e ci dirigiamo a Sop Ruak, mitologico punto di incontro Tra i due fiumi (Ruak o Mae Sai e il celebre Mekong) e tre terre: Birmania, Laos e Thailandia: il celeberrimo Triangolo d'Oro.
Allora: non è che io mi aspettassi una confluenza di energie con tanto di spettacolo pirotecnico, ma quando si parla di questa zona sembra sempre qualcosa di più di un cartello che segnala il posto in cui sei con annesso Buddha bruttarello.Ecco, questo è il mio problema più grosso: ho sempre aspettative ALTISSIME.
E come al solito ci rimango male. Ho annusato aria di Birmania e di Laos, preso un caffè, fatto pipì pagando 5 bath. E siamo risaliti sul pulmino.
La tappa successiva è la Hall of Opium (nord di Chiang Saen città di Chiang Rai Province), il risultato dell'iniziativa della Fondazione Mae Fah Luang che mette in luce i diversi aspetti di questa droga tra cui la storia, l'impatto sulla popolazione ed il mercato. Lo spazio espositivo è enormi (quasi 6000 metri quadrati) e ben strutturato: moderno, con didascalie in inglese, ha diverse ricostruzioni come una delle sale da oppio.
L'unico neo è... Che c'eravamo praticamente solo noi. Il biglietto è piuttosto caro (circa 5€a testa, che per un occidentale sono un biglietto normale, per un Thai sono una cifra assurda... Ma non so se i thai pagavano un prezzo diverso), ma comunque abbordabile. Io non me lo sarei perso.
Tutti in macchina e si vola in un posto consigliatissimo da Andrea in Thailandia, la villa reale e il giardino di Mae Fah Luang, chalet tipico svizzero che "sboccia" sulle montagne thailandesi, costruito per il soggiorno della regina madre (la madre dell'attuale re, che però non è mai stata regina e che essendo decisamente molto amata è sempre stata chiamata affettuosamente con questo nome, Mae Fah Luang, he significa "madre regalo del cielo") e adesso, museo e centro culturale.
Rimango sempre stupita guardando il modo in cui i thailandesi divinizzano i componenti della famiglia reale: oltre a dipinti e gigantografie sparse per ogni angolo del territorio nazionale, c'è proprio un amore che potrebbe essere paragonato a quello per una divinità pagana.
Tornando allo chalet... La deliziosa costruzione in legno che domina la collina fiorita (nei giardini c'è un'enorme e splendida serie di orchidee che da questa parte del mondo morirebbero solo al pensiero di essere coltivate), è in parte aperta al pubblico e visitabile con pochi bath (circa due euro), ed è curiosa soprattutto per l'audioguida: nelle vetrinette ricordi della vita di una donna decisamente instancabile. A quanto pare dipingeva, scriveva, faceva l'uncinetto e qualsiasi attività possibile ed immaginabile per una donna di 90 anni.
La parte interessante però, è che la principessa Srinagarindra è fondatrice e promotrice del progetto "Doi tung Development Project" che ha come obbiettivo la riqualificazione e lo sviluppo delle popolazioni più povere della zona, che hanno basato tutta la loro sopravvivenza sulla coltivazione del papavero da oppio (e quindi del suo prodotto finale, l'eroina), che hanno con tutte le forze cercato di estirpare in tutte le zone.
Mi è venuto in mente una frase detta dalla mia insegnante di storia alle superiori parlando delle industrie trasformate in fabbriche di armi durante la seconda guerra mondiale, e dell'impegno in tale senso. E mi era rimasto ben impresso il suo "non è che una fabbrica di calzini, cambia lo stampo e stampa fucili".
E così qui.
Se per generazioni uno popolo ha sempre coltivato solo papaveri da oppio, facendola diventare un'arte tramandata di padre in figlio, quanto può essere stato violento l'impatto del governo che arriva, ti rasa al suolo il tuo campo di papaveri e ti dice "da domani, tiri su rape e pomodori, è per il tuo bene, e se coltivi ancora papaveri sono cazzi". Uno shock notevole, ma fortunatamente fortemente voluto e che sta dando i suoi frutti.
Artigianato e prodotti della coltivazione stanno diventando il cuore della parte thailandese del Triangolo d'Oro. Fiori e fragole da esportare ovunque in comode cassette da fruttivendolo.
Ultima tappa della giornata, Mae Salong, un piccolo paesino cinese, base di circa 14.000 cinesi del Kuomintag (partito nazionalista cinese che aveva come obbiettivo la riconquista della Cina di Mao, ma vista la non riuscita del progetto, si sono rifugiati in Thailandia a trafficare eroina e a fare da supporto al governo thai per la lotta al comunismo) che vivono ancora secondo gli antichi usi cinesi.
Tutta la collina ( chiamata anche Santkhiri, "collina della pace"), è ricoperta da cespugli di the, e il paesaggio è davvero stupendo.Una piccola nota va fatta: avete mai visto un cespuglio di the?
Sembra proprio un cespuglio da siepe che non ha sto profumo che ci si può immaginare, a meno che tu non rompa tra le mani una foglia, e qualcosa magari senti.
E quindi, chi sarà stato il primo a dire "proviamo a metterlo a bollire?" dev'essere stato davvero un genio.
Da ricordare il momento nel paesino, quando per la prima volta mi son mangiata un verme del bamboo.Sì, dopo una quantità infinita di giorni passati in Asia e tante foto fatte alle bancarelle di insetti, per la prima volta una gentile ragazza me l'ha letteralmente messo in mano, mi ha detto "prova" e... Beh, non potevo proprio rifiutare.
Ho fatto un video, lei, rideva.
Il video lo potete trovare qui
La sensazione è stata strana e quelle zampette secche mi si sono un po' incastrate in gola, ma diciamocela, non sapeva proprio di nulla, a parte un retrogustino indefinibile. Tipo mangiarsi una paglia. Ma forse per sentirne davvero il sapore avrei dovuto mangiarne una manciata.E ho preferito evitare.
Un lungo viaggio di ritorno (circa 2 ore) ci ha riportati a Chiang Rai, stanchi, un po' infreddoliti e decisamente affamati, ci siamo fatti lasciare davanti ad un ristorantino famoso tra i local, per essere molto buono, oltre che sul fiume, e quindi carino!
Il ristorante è il Lu Lam Restaurant, e come al solito abbiamo seguito alla lettera i consigli del nostro amico Mark di eatingthaifood, e come ogni volta abbiamo ordinato troppa roba.
Curioso scoprire che alle 9:30 di sera era tutto chiuso e in giro non c'era anima viva... Cioè, abbiamo chiuso noi il ristorante e i camerieri sono andati via prima di noi, sghignazzando come se fossimo dei mezzi matti.
Una giornata decisamente intensa.