Titolo: Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza
Autore: Dacia Maraini
Editore: Rizzoli
Anno: 2013
La disobbedienza di Chiara
Come non pensare, leggendo il sottotitolo (“Elogio della disobbedienza”) dell’ultima opera (“Chiara di Assisi”) di Dacia Maraini, la “scrittrice italiana più conosciuta al mondo”, a due illustri precedenti (uno storico e l’altro biografico)?
Almeno per assonanza, viene naturale pensare a “L’elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam – testo ritenuto importante anche per gli influssi che esercitò sulla riforma protestante – e a “La disubbidienza”, opera del 1948 di Alberto Moravia (ove la disubbidienza è quella che il quindicenne Luca Mansi, in pieno periodo fascista e nel trionfo dei valori della borghesia, oppone alla scuola, alla famiglia, al desiderio di possesso e al denaro, disobbedendo a tutto ciò che sente come “normale”).
La disubbidienza di Chiara è molto sottile e poco visibile, perché - come per Francesco - si incanala nell’ortodossia (“E la Chiesa li ha premiati, o forse anche messi al sicuro – promoveatur ut amoveatur? – proclamandoli santi… con quella capacità ingorda e intelligente, cinica e lungimirante che ha sempre avuto il potere ecclesiastico di risolvere le cose a proprio vantaggio”). Con questa premessa, Dacia Maraini conduce per mano il lettore alla scoperta della figura di Chiara, con la sua prosa lucida e guizzante, lei stessa incuriosita e intrigata nel decodificare, pagina dopo pagina, l’essenza di una disubbidienza molto rivoluzionaria.
Al pari di Francesco d’Assisi, Chiara fonda la sua scelta su un atto di ribellione e di abbandono degli agi, per giungere “al convento di Santa Maria degli Angioli chiamato la Porziuncola. Dove Francesco l’aspetta con i suoi compagni di preghiera.”
I comportamenti di Chiara sono ispirati a povertà (“Quindi Chiara non solo andava scalza e con un saio ruvido addosso, ma si infliggeva anche dei supplizi, come il cilicio sulla pelle nuda”) e umiltà (“Quanta ne avrà bevuta, di quell’acqua lurida, la piccola volitiva Chiara?”): la conoscenza della santa viene approfondita dall’autrice sia attraverso le fonti storiche, sia attraverso l’intuizione artistica (“Stanotte l’ho sognata. Ancora una volta era lei. Aveva ragione Chiara la siciliana predicendomi che l’avrei trovata nei miei sogni come lei l’aveva trovata nei suoi”).
In cosa si sostanzia allora la disubbidienza, tanto invisibile quanto profonda, di Chiara?
La disubbidienza sarebbe una reazione (“Rispetto alla peccaminosità del sesso, persino matrimoniale, il convento era considerato il luogo ideale per la preservazione della virtù femminile”), si manifesta in attività apparentemente innocue (“La pratica dell’ago e del filo. Tipica attività muliebre che non desta sospetti, ma anzi rassicura e tranquillizza… E invece, proprio lì dove si annida la fiducia, nasce l’eversione”) e realizza una natura creativa (“Sono sicura che i suoi disegni erano bellissimi”), tenace e volitiva (“Chiara si batte come una leonessa per avere approvata ufficialmente la sua Regola. I papi nicchiano per anni…”) aggirando il rischio (“Curioso e contradditorio il rapporto di Chiara coi papi. Ossequiente, rispettoso, devoto, ma anche disubbidiente, eversivo, autonomo”) dell’eresia (in un contesto storico ove Catari e Valdesi venivano estromessi dalla chiesa, “il sacrificio di Chiara è stato ancora più doloroso, ma la sua intelligenza politica le ha suggerito la sola cosa saggia da fare: accettare ciò che le veniva imposto per destino di genere, e scavare dentro questa impostazione una libertà propria”).
Disubbidienza è anche contravvenire alle aspettative di ruolo: “Le sorelle non riuscivano realmente a capire come una badessa potesse comportarsi quale una serva.”
In fondo, come annota l’autrice, è un atteggiamento che possiamo apprezzare anche oggi in “Papa Francesco I, il nuovo pontefice venuto dalla lontana Argentina a mettere il naso nelle banche vaticane, nei sistemi di potere della Santa Sede. E lo fa con impertinenza e ironia, portando un’aria fresca che ricorda Francesco e Chiara d’Assisi.”
In “Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza”Dacia Maraini affresca una nuova immagine di una delle figure più amate dalla gente e propone un sentimento nuovo di religiosità femminile, fondato sulla coscienza storica e sulla profondità di una cultura che affonda le radici nella mitologia (il mito di Procne), trae ispirazione dalla testimonianza protocristiana di Vibia Perpetua, passa attraverso un racconto di Pirandello (“Il treno ha fischiato”: “Quando i gesti si ripetono sempre uguali diventano invisibili, scompaiono e finiscono per assomigliare a un’eternità senza senso”) e cita l’amico Pasolini…
Bruno Elpis