Immaginatevi le tre novità mescolate insieme e otterrete ciò che è successo sulla piattaforma Deepwater Horizon, al largo (circa 80 chilometri) della costa della Louisiana, negli USA. A quanto pare, un tubo di trivellazione connesso alla struttura perde 1000 barili di petrolio al giorno, formando così una chiazza lunga 77 km e larga 63 km (rileggete le dimensioni, vi prego).
Dopo un incendio impressionante, i 126 dipendenti sono stati tratti in salvo. Solo 17 i feriti. E la compagnia BP, responsabile della piattaforma, ha inviato 32 navi a tentare di ripulire il mare. Naturalmente, all’inizio, il disastro era stato opportunamente sottovalutato, quasi fosse cosa di poco conto, normale amministrazione.
Ma non è così. Ci sono quattro robot sottomarini impegnati a chiudere la falla nel tubo di trivellazione e Greenpeace grida l’allarme per un possibile disastro ambientale. Staremo a vedere, la chiazza cammina e si sposta inesorabilmente verso le coste della Louisiana.
A questo proposito, l’ultima uscita del coordinatore federale delle operazioni, l’ammiraglio Mary Landry, propone l’intenzione di incendiare il petrolio dando vita a un “incendio controllato”, per fermare la fuoriuscita di greggio dalla piattaforma.
Sono incendi già testati che, almeno secondo lui, andrebbero a salvare le coste della Louisiana e l’ecosistema che le compone. Sarebbe meno nocivo un incendio, per i mammiferi e gli uccelli, rispetto alla marea nera in arrivo.
I problemi sono due. Primo, l’incendio eliminerebbe dal 50 al 95 % di petrolio, una forbice un po’ troppo larga, e rimarrebbe un residuo in superficie e sul fondo che andrebbe pulito. Secondo, le emissioni di fumo, denso e nero, e di particolato in atmosfera sarebbero straordinarie. E io che mi lamento dei Suv!
Nel frattempo, dalla falla escono 160 mila litri di petrolio al giorno.
Senza dubbio le aziende USA appartengono alla categoria di estrattori dal know-how più alto in assoluto,eppure disastri così accadono comunque. Producono danni immensi e poi ce ne dimentichiamo. Ciò che rimane fisso nelle teste è il prezzo della benzina, il costo diretto sulle nostre tasche. Il costo che fa conto al pianeta, quello che paghiamo e pagheremo tutti prima o poi, al momento non ci interessa. Rimane argomento da rivista, da scienziati o da programmi tv, ammesso che ne parlino.