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“Chinatown”

Creato il 13 aprile 2010 da Cinemaleo

1974: Chinatown di Roman Polanski

“Chinatown”
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Stupenda rivisitazione del noir anni 40 che contribuì, non poco, a fare Hollywood grande.

 

“Un indimenticabile film poliziesco: Chinatown è un’autentica pietra miliare della cinematografia americana” (Stefano Lo Verme).

Tratto dal romanzo di Rober Towne (che si basa su fatti reali: la realizzazione delle imponenti opere idriche per rendere Los Angeles, semidesertica, abitabile), Chinatown è stato  giustamente definito dalla critica «uno dei più alti esempi di noir d’autore della storia del cinema». Con Rosemary’s Baby il più bel film di Roman Polanki: nello stesso tempo romantico e lucido, struggente e materialista, affascinante e sconvolgente, coinvolgente e malinconico. Con atmosfere degne del migliore Raymond Chandler e del suo mitico Marlowe, il film descrive impietosamente un mondo corrotto non solo politicamente: e lo fa senza una sbavatura, un rallentamento, una pausa… Una sceneggiatura bellissima (premiata con l’Oscar) tutta da godere, come la splendida fotografia, la puntigliosa ricostruzione degli anni 30, l’ammaliante musica. Un film praticamente perfetto dove non c’è nulla da aggiungere, nulla da togliere. Un cast memorabile la cui prestazione è superiore ad ogni elogio.

Un’opera -come scrive Giovanni Grazzini- “dove talento e mestiere vanno a nozze per il piacere d’un pubblico d’ogni età”. Un’opera -sostiene Spaziofilm- “incredibilmente potente, un gioiello, una vera e propria perla”.

p.s.

Da dimenticare il sequel del 1990, Il grande inganno.

Da un articolo di Tullio Kezich pubblicato nel 2003 su Il Corriere della Sera apprendiamo che Chinatown ebbe una gestazione quanto mai difficile: “Tanto per cominciare, Roman Polanski, non lo volevano proprio. Robert Evans, boss della Paramount, e lo scrittore Robert Towne, che da tempo stavano progettando un poliziesco in stile Raymond Chandler, per la regia di Chinatown avevano altre idee. Fu Jack Nicholson, che doveva incarnare il poliziotto privato J. J. Gittes, a caldeggiare la candidatura dell’esule polacco; e Towne, che aveva scritto sulla misura dell’attore L’ultima corvée, finì per accettare il suo punto di vista. Più arduo fu convincere il produttore Evans, che giudicava il recente Che? di Polanski il più brutto film di tutti i tempi. Dal canto suo, il regista ormai aveva una valida ragione per odiare Hollywood. L’8 agosto 1969 la moglie incinta Sharon Tate, con altri quattro ospiti, era stata massacrata nella residenza di Bel Air da un gruppo di fanatici. Il regista, che la notte del fattaccio si trovava altrove, aveva stentato a rimettersi dal terribile choc e solo per l’insistenza dell’amico Nicholson accettò di riprendere il lavoro in California. Chinatown fu il suo secondo film americano (il primo era stato il diabolico Rosemary’s Baby nel 1968) ed era destinato, nonostante l’enorme successo, a restare l’ultimo. Quando prese in mano il copione, già scritto, Polanski lo trovò prolisso e complicato. Vi furono accese discussioni con lo sceneggiatore per strappargli tagli e rifacimenti. Nonostante il titolo, nel film non ci sono personaggi né ambienti cinesi, Chinatown è semplicemente il distretto dove operava J. J. Gittes quando militava nei ranghi della polizia… Per la protagonista femminile, Evans aveva pensato alla propria moglie, ma intanto Ali McGraw era fuggita con Steve McQueen e bisognò ripiegare su Faye Dunaway. I rapporti fra la diva e Polanski furono tempestosi, soprattutto per i puntigli di lei a fargli spiegare tutte le motivazioni del personaggio. Il regista finì per sbottare: «La motivazione principale sono i soldi che prendi»…”.

scheda

premi e riconoscimenti 

“Chinatown”

 


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