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Chirurgia estetica e la ricerca di un'identità

Da Susanna Murray

Chirurgia estetica e la ricerca di un'identità

mirror mirror of my soul


Ella aveva uno specchio magico, e ogni mattina vi si specchiava, e diceva:"Specchio, specchio delle mie brame,chi è la più bella del reame?"
E lo specchio rispondeva:"Del tuo regno, regina, la più bella sei tu."E ciò la soddisfaceva, perché sapeva che lo specchio non mentiva. (F.lli Grimm: Biancaneve e i sette nani, trad. http://www.paroledautore.net/fiabe/classiche/grimm/biancaneve.htm)
Nonostante la bella Regina si rimirasse ogni mattina, qualcosa deve non aver funzionato.
E oggi, di specchi bugiardi, pare essercene molti...Molte persone quando la mattina si guardano allo specchio sembrano sempre trovare qualcosa che non va: il
naso troppo grande, le rughe, ecc.
Alcuni difetti reali e invalidanti possono essere corretti (pensiamo ad asimmetrie del corpo o a conseguenze d'incidenti ), ma sempre più spesso chi decide di trasformare il proprio aspetto lo fa perché percepisce come inaccettabile una, o più parti, del proprio corpo.Ma alcuni, tra coloro che si rivolgono alla chirurgia estetica, sono a rischio di diventare veri e propri dipendenti dagli interventi chirurgici, alla ricerca di una trasformazione mai abbastanza soddisfacente.Senza citare personaggi famosi vittime di questo genere di comportamento (il povero Michael Jackson, per ricordarne uno) è sufficiente guardare cosa i media propongono o ripropongono.Programmi del passato come "Il brutto anatroccolo" o il più recente "Plastik" ci danno un esempio di come "trasformarsi" sia non solo un bisogno per alcuni che decidono di farlo, ma anche per coloro, i telespettatori, che guardano la trasformazione. Come se identificarsi nel "bruco" che diventa farfalla, propone e ripropone, nelle puntate, un processo di miglioramento-conquista, che porta ad un benessere subitaneo, immediato, con un intervento esterno, che non richiede un lavoro personale. Insomma si arriva alla fine senza passare dal "Via".
Non che mi auguri dolori e patimenti per coloro che faticano ogni giorno con la propria immagine corporea. Anzi. Se esistesse un metodo rapido e indolore per superare i propri disagi, sarei la prima a pubblicizzarlo.
Ma il rischio è di non fare distinzione da ciò che è un intervento estetico dettato dalla necessità e ciò che è una risposta "agita" di un malessere più complesso, su cui, non pretendo tanto, ci sarebbe almeno da porsi qualche domanda.
Altrimenti il rischio è che ci si ritrova tra qualche mese ad intervenire su una nuova parte del corpo che..forse non ci convince più di tanto.
E così spostiamo il problema dal naso alle labbra, dalle cosce al seno, al sedere, agli zigomi, eccetera, mentre il tempo implacabile, lentamente e rovinosamente, trasforma i miglioramenti, innescando una rincorsa chirurgica senza fine (per essere attuali, pensiamo agli ultimi ritocchi di Berlusconi).
Un giorno Anna Magnani pare avesse detto ad un suo truccatore : "Lasciami tutte le rughe. Non me ne togliere nemmeno una. Ci ho messo una vita per farmele". Per un attore l'espressività di un viso è uno strumento prezioso per riuscire a veicolare la comunicazione e le emozioni. Ma i segni del tempo, il corpo che si trasforma con noi, con la nostra vita e le nostre vicende è una mappa importante che non ha proprio senso nascondere o camuffare, quasi si avesse paura di comunicare le nostre emozioni, di rivelare le nostre debolezze.
Quello che però mi getta attualmente di più nello smarrimento, è lo scoprire che tanti, e tantissime giovani, si rivolgono ai chirurghi estetici.
Ora non voglio aprire un capitolo sui colleghi medici e il loro operato (dei quali, ovviamente, nutro massima fiducia e rispetto professionale ), in quanto, almeno in teoria, per buona parte degli interventi di chirurgia estetica, ci si avvale sempre di un colloquio ( e magari più di uno ) esplorativo con uno psicologo.
Ma è indubbio che pazienti con la "carta fedeltà" degli interventi estetici, andrebbero monitorati con molta attenzione.
Vi lascio con il trailer di un documentario che è stato presentato in una sezione speciale, al Giffoni Festival di quest'anno: "Bodyshopping. Appena ho 18 anni mi rifaccio'' della regista Daniela Robecchi e della giornalista Cristina Silvieri Tagliabue.
Riporto il contenuto "Un documentario-inchiesta sul business della bellezza. La giornalista segue la vicenda di Carla, diciottenne pugliese che vuole diventare un’attrice cinematografica ma, non vedendosi abbastanza bella, convince i genitori a pagarle un intervento di chirurgia plastica che la cambierà completamente."
Mi ha colpito una frase della giovanissima paziente: "Perché non diventare...magari..quello che vorrei essere?"
Risponderei con una altra domanda: "Ma ci siamo chiesti chi siamo adesso?"


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