Il CRT di Milano chiude
Il CRT di Milano, centro di ricerca per il teatro, è costretto a fare l’ultima replica domenica 6 maggio 2012. E poi basta. La stagione 2011/2012 viene chiusa in anticipo.
Di seguito il comunicato stampa di comunicazione di chiusura anticipata della stagione 2011/2012 del CRT, a firma Silvio Castiglioni, direttore artistico del CRT di Milano.
“ COMUNICATO STAMPA Milano, 30 aprile 2012
La situazione del CRT
Il CRT non riesce a portare a termine la stagione 2011 – 2012. Gli ultimi appuntamenti in calendario nel mese di maggio sono stati cancellati. Si tratta dei due spettacoli di Motus, Let the sunshine in e Too late (previsti al Salone il 7 e 8 maggio), e del progetto Fare teatro in Lombardia oggi, dedicato allo stato del nuovo teatro dopo l’esperienza delle residenze Être (18 – 27 maggio). Una scelta dolorosa ma necessaria, adottata per non aggravare una situazione economica già molto pesante, che avrebbe messo in seria difficoltà anche le compagnie ospiti. Stavolta, per mandare avanti la stagione, i sacrifici dei lavoratori non sono bastati.
È nostra ferma intenzione riprendere entrambi i progetti nella stagione 2012 – 13. Com’è noto i due spettacoli di Motus erano stati pensati d’intesa con Pim Off, che ne avrebbe ospitato un terzo, per offrire al pubblico milanese la possibilità di abbracciare l’intero progetto Antigone, potendo assistere a tutti e tre i lavori che la compagnia riminese ha dedicato al più puro e politico dei gesti di ribellione. Siamo lieti di apprendere che Pim Off intende onorare il proprio impegno.
La difficile decisione è stata presa in pieno accordo con Motus, con l’impegno comune di rimodellare un progetto coerente per il prossimo anno, presentando al Teatro dell’Arte il bellissimo Too late, accanto alla nuova produzione della compagnia. Insieme abbiamo altresì deplorato la grave situazione attuale del teatro italiano, costretto, per sopravvivere, a finanziarsi colle le rinunce e i sacrifici sempre più duri di quanti vi lavorano.
Nel passaggio più fragile e potenzialmente innovativo della sua storia, dopo la scomparsa del suo fondatore, il CRT ha realizzato una stagione teatrale ambiziosa, con produzioni e ospitalità di alto livello, come ci è stato riconosciuto, seguita con partecipazione e attenzione da pubblico, stampa e operatori. In un momento così delicato, avere subìto il taglio di più del 50% del contributo 2011 da parte dell’Amministrazione Comunale, è stato un colpo veramente pesante, soprattutto in assenza, allora, di un dialogo costruttivo e di supporto. Con l’aggravante che la riduzione, definita in un primo momento “un semplice orientamento”, e operata in contrasto con quanto la stessa Amministrazione aveva in precedenza formalmente già comunicato al CRT, è stata annunciata solo alla vigilia della conferenza stampa di presentazione di una stagione ovviamente già chiusa, e chiaramente disegnata su altri parametri economici. In quel drammatico frangente, con grande senso di responsabilità, anche al fine di non creare imbarazzo alla nuova Amministrazione appena insediata, abbiamo evitato di manifestare pubblicamente il nostro stupore e la nostra delusione per un provvedimento che puniva in misura così sensibile il solo CRT fra i teatri in convenzione.
Ora che conosciamo le difficoltà economiche e gestionali che la nuova Amministrazione ha dovuto affrontare, ne apprezziamo l’impegno nel cercare di mantenere sostanzialmente integro l’investimento a favore del sistema teatrale milanese, in un momento di grande difficoltà per la Città e il Paese. Prendiamo anche atto dello sforzo costruttivo e dei segnali positivi in seguito pervenutici, per avviare a soluzione, in particolare, il problema della sede, la vera radice di gran parte delle nostre difficoltà attuali. Occorre, tuttavia, sempre ricordare che l’entità del contributo in un primo tempo assegnatoci aveva diverse giustificazioni che rendono il taglio subito, a nostro giudizio, ingiusto e immotivato: come premio alla storicità del CRT e alla qualità del suo progetto artistico; come sostegno all’ampliamento dell’area di attività con il Centro di Drammaturgia; e come parziale risarcimento per i gravi danni economici causati dall’uscita forzata dal Teatro dell’Arte. Le cifre seguenti possono dare un’idea dell’emergenza che abbiamo dovuto affrontare: 150 mila euro in meno dal Comune; 120 mila euro perduti mediamente in un anno per la mancata commercializzazione del Teatro; 50 / 60 mila euro il mancato incasso annuo per l’indisponibilità per l’intera stagione di un teatro di almeno 200 posti; 17 mila euro per l’affitto di un magazzino. Fanno oltre 300 mila euro in meno! E non abbiamo più un atelier scenografico adeguato, né una sala prove degna per ospitare residenze, laboratori e produzioni, né tantomeno uno spazio per esporre al pubblico l’ingente quantità di materiale documentario giacente nel nostro archivio.
Nonostante questo, e grazie ai non più sostenibili sacrifici dei lavoratori del teatro, degli artisti e dei fornitori, abbiamo realizzato una buona stagione.
Anche al CRT è in corso un difficile avvicendamento, che ora, purtroppo, è seriamente minacciato.
Silvio Castiglioni, direttore artistico CRT “
Altre stagioni sembrano essere a rischio chiusura anticipata come quella del Verdi di Gorizia; mentre il Festival Primavera dei teatri di Castrovillari non ci sarà.
il CRT di Milano chiude
Che gli artisti crepino, che muoia la cultura senza tanti lamenti, senza pietà. Lo spettacolo, il teatro, la danza che finiscano qui. Tanto a che servono? Si mangiano? Si indossano? Fanno circolare capitali e interessi? Muovono truffe, tangenti e aggiottaggi? Ma che gli artisti crepino, tutti. Attori, danzatori, coreografi, registi, pittori, poeti. Questi inutili perditempo pieni di belle parole, di bei pensieri e belle speranze. Sognatori di mondi possibili. La società ha ben altri problemi! Altre urgenze, altre priorità.
Tranquilli. Stanno crepando. E lo stanno facendo in silenzio, non solo per dignità e riserbo, ma anche perché nessuno ne parla, nessuno lo dice. Chi sa, per esempio, che, insieme ai suicidi degli imprenditori, vi sono anche i suidici di “persone dello spettacolo”. Altro che articolo 18, per loro 18 sono al massimo le giornate che in un anno si va in scena. I singoli crepano e i teatri chiudono le stagioni in anticipo o chiudono e basta. Tutti vedono svanire le proprie vite, il proprio lavoro e il proprio futuro. Anche questo è un modo di morire. O di uccidere. Gli artisti che soffrono, come gli operai, gli esodati, gli impiegati, come ogni cittadino, questo momento sociale ed economico, nella maggioranza dei casi hanno investito anni e sudori e professionalità. Oggi, oltre a non essere mai stati veramente considerati dei lavoratori, vedono frantumarsi non solo il loro singolo percorso ma anche i luoghi fisici.
Prima che sia troppo tardi è il momento di cambiare. Aspettare che qualcun altro faccia qualcosa al posto nostro è passato. Chi sarebbe dovuto essere di dovere si è dimostrato incapace o corrotto. Spesso tutte e due, svelando abilità impensabili. É il momento storico delle iniziative dal basso, popolari, delle class action e dei movimenti. Persone, categorie, che dovrebbero avere meno capacità intellettuali o di lettura e previsione della società rispetto agli artisti, stanno già agendo. Coloro che hanno a cuore l’arte e la cultura cosa aspettano? Che la cultura tiri l’ultimo respiro?
Certo, c’è sempre il dopo. Quando riesumare il cadavere, truccarlo, mettergli un parrucchino, dicendo a tutti che è rinata, potrà farlo chiunque.
Soltanto la conoscenza e la cultura creano sviluppo e futuro, le città devono tornare ad essere un laboratorio creativo come nel Rinascimento. La cultura è necessaria come il pane, senza siamo destinati a morire. E se la cultura è innovazione, innovazione non può darsi senza prova e senza errori, ma soprattutto senza sfide. Dunque proviamo, sfidiamo l’inerzia e la cecità burocratica e di visione delle istituzioni, il corporativismo, i modi consolidati.
La stesura di un manifesto è quasi pronta: CISSP Circuito indipendente senza soldi pubblici. Il dibattito è aperto: tutti quelli che vorranno intervenire qui sul magazine sono i benvenuti.
Federicapaola Capecchi, coreografa