I piloti veramente sfortunati? "Sono solo quelli che non possono raccontare le loro sfortune". Il neozelandese Chris Amon si schermisce con queste parole in una intervista rilasciata ad AutoSprint nel 1987, ma se non è stata la sfortuna allora è stata una non comune concomitanza di avvenimenti a impedirgli di vincere almeno un gran premio valido per il Mondiale di Formula 1.
Alcuni esempi. Francia 1967: Amon e la Ferrari sono secondi dietro a Jack Brabham quando cede il cavo d'acciaio che comanda l'acceleratore. Watkins Glen, stesso anno: le Lotus-Ford di Clark e Graham Hill sono in crisi, Amon rinviene con decisione, è secondo e sta per prendere il grande Jim quando un'improvvisa mancanza di pressione dell'olio lo costringe prima a rallentare e poi al ritiro.
Spagna 1968: Chris e la Ferrari sono in pole, partono forte e al 57° dei 90 giri in programma hanno 25" di vantaggio su Graham Hill quando si rompre il fusibile della pompa di benzina. Belgio, sempre 1968: parte dalla pole, un sasso gli buca il radiatore all'ottavo giro mentre è in lotta per il primo posto.Clermont-Ferrand 1972: stavolta è su una Matra-Ford ed è in pole per la quinta e ultima volta in carriera; una cavalcata solitaria che si interrompe per una foratura, una corsa al box e la magra soddisfazione di segnare il giro più veloce e arrivare sul terzo gradino del podio.
Amon non è mai stato un campione, non ha forse mai neanche pensato di diventarlo. A detta di Enzo Ferrari che lo vuole nella sua scuderia nel 1967 quando ha soli 23 anni, Chris è un ottimo collaudatore ed è affidabile per le gare di durata. Non a caso al volante di una Ford ha vinto nel 1966 in coppia con Bruce McLaren la 24 ore di Le Mans. Ma, aggiunge il Drake, quello che gli è spesso mancato il coraggio.
Non ama la pioggia e il modo con cui dalla pole finisce intruppato nel gruppo a Zandvoort nel 1968 lo dimostra. Pone i rivali su un piedistallo troppo elevato e questo non lo aiuta in gara contro mostri sacri come Clark, Brabham e Graham Hill, contro vecchie volpi come Surtees e contro il talento del quasi coetaneo Jackie Stewart. E al di là dei guasti di accesori da pochi soldi che gli hanno impedito di vincere in Formula 1, la vera sfortuna di Chris Amon è stata forse quella di esser transitato dalla Ferrari nel momento sbagliato.
La 312 con cui la Scuderia del Drake si presenta a inizio del mondiale di Formula 1 1967 non è la macchina da battere, è una macchina discreta con cui si può sperare di vincere. E poi Chris è in rosso anche per guidare la 330/P4 nelle gare del Mondiale Marche e in coppia con Lorenzo Bandini firma due vittorie importanti, alla 24 ore di Daytona (quella del famoso arrivo in parata) e alla 1000km di Monza
La morte del pilota italiano a Monaco e l'incidente che stronca la carriera dell'altro suo compagno di squadra, Mike Parkes, a Spa un mese dopo promuovono, però, in sole tre gare il giovane e ancora inesperto Chris a ruolo di prima guida della Ferrari in Formula 1. Amon si difende bene, chiude il Mondiale al quarto posto, ma non ha la possibilità di confrontarsi nel team con piloti più esperti di lui e far crescere la vettura rimarrà una chimera. A fine 1969 il neozelandese stanco di una situazione stagnante lascia il cavallino per provare a inseguire vanamente una Tyrrell, la macchina del futuro, ma la sensazione è che vada via quando la situazione in Ferrari sta per migliorare.
Dopo l'esperienza alla Matra, il tentativo fallito di mettersi in proprio e due anni con l'Ensign-Ford, con la quale Chris conquista nel Gran Premio di Spagna del 1976 i suoi ultimi due punti mondiali. Sono maturi i tempi per il ritorno a tutti gli effetti in Nuova Zelanda e per una vita diversa tra pecore e aziende agricole nel paese dei kiwi.
Con il mondo dei motori ancora nel cuore, con un po' rammarico per quello che è stato e soprattutto per quello che non è stato, ma con la consapevolezza di essere stato diversamente fortunato perché le sue disavventure può essere ancora lui a raccontarle. Diversamente da tanti suoi colleghi del tempo.