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Christopher Hitchens, il paladino “pro-life”

Creato il 24 gennaio 2012 da Uccronline

Christopher Hitchens, il paladino “pro-life”Non ci piace ricordare le persone per i loro aspetti negativi, come invece ha preferito fare Odifreddi parlando di Christopher Hitchens come un “fondamentalista reazionario”. Non ci piace ricordarlo per le incredibili offese ai credenti e neppure per il suo amore, vera e propria macabra passione, per la guerra, come viene sottolineato in parecchi articoli in questo periodo. Vogliamo invece riprendere l’ articolo apparso su Vanity Fair del febbraio 2003 intitolato “Fetal Distraction” quando Hitchens esplicitò la sua posizione controcorrente sull’aborto rispetto al resto dei New Atheists.

Ripercorrendo l’epoca della liberalizzazione della pratica abortiva negli Stati Uniti, così commentò sul periodico statunitense l’ideologia di “Our bodies, Ourselves”, equivalente d’oltreoceano di “il corpo è mio e lo gestisco io”: «C’è stato un tempo in cui il movimento femminista ha risposto con indignazione militante. (…) Se abbiamo bisogno di rimuovere un’appendice o un tumore dai nostri spazi personali non è un problema di nessun altro. Ero abituato a rabbrividire quando sentivo questo, non tanto perché nel senso morale i feti non sono da confrontare con appendici, per non parlare di tumori, ma perché è una sciocchezza evidente dal punto di vista biologico e embriologico. (…) Questa concessione, forse involontaria, al disgusto da allora è diventata più evidente come conseguenza dei progressi in embriologia, e dalla semplice esperienza del sonogramma. Le donne che hanno osservato il battito cardiaco precoce dentro di loro ora hanno qualche difficoltà, diciamo, nel classificare l’esperienza come l’asportazione pianificata di un’escrescenza».

I passi in avanti della scienza, della medicina, dell’embriologia hanno evidenziato «che un feto acquisisce caratteristiche umane prima di quanto eravamo abituati a pensare» e sono per Hitchens da annoverare tra i nemici più deleteri delle argomentazioni degli abortisti: «dato che i progressi in medicina hanno reso sempre più facile anche per un feto prematuro sofferente sopravvivere fuori da sua madre, l’argomento ha mostrato una tendenza allo slittamento. (…) Non c’era più disputa sul fatto che il soggetto non ancora nato era vivo. Di sicuro non poteva essere morto, dal momento che l’intera battaglia consisteva nel come o se fermare la sua crescita e il suo sviluppo (non metastatico). Di tanto in tanto potrebbe esserci una contesa sul fatto che sia una vita pienamente “umana”, ma questa è casuistica. Quale altra specie di vita potrebbe essere?». Che anche l’embrione umano più parzialmente formato è «sia umano sia vivo» è un fatto confermato anche dal dibattito sulla ricerca sulle cellule staminali e la bioetica della clonazione: «Se ad una persona malata o anziana può essere concessa una nuova prospettiva di vita da una trasfusione di questo materiale cellulare, allora non è ovviamente materia organica casuale. L’originale “blastocisti” embrionale può essere un gruppo di 64-200 cellule di soli cinque giorni. Ma ognuno di noi ha cominciato la nostra importante carriera in quella forma, e ogni codifica necessaria per la vita è già presente. Siamo la prima generazione a dover affrontare questo come una conoscenza certa».

Una constatazione ovvia per Hitchens, non così per molti dei suoi lettori abituali, che lo seguirono nella sua virulenta critica antireligiosa, ma non gradirono le sue riflessioni sull’aborto, macchia nera su un brillante curriculum da polemista ateo.

Maurizio Ravasio


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