(scrissi questo breve post qualche tempo fa, quando su facebook mi lamentavo con alcuni di voi del declino della produzione di Isabel Allende e mi interrogavo sulla sua ultima uscita. Lo pubblico oggi in volata, con l’avvertimento che è un po’ amareggiato e polemico. Ma in questo momento sono accaldata, con quattro ore di sonno sulle spalle, un sacco di preoccupazione perché due uccellini sono caduti dal nido, e un libro tra le mani che non vedo l’ora di leggere e non trovo dannatamente un attimo! Quindi un pizzico di sfogo ci sta )
Qualche tempo fa uscì la notizia che in estate avremmo avuto sugli scaffali un nuovo romanzo di Isabel Allende.
“Ullalà!” pensai io. “Una nuova scaldata di minestra isabelallendiana.”
Ma sono stata ingenua. Amore di Isabel Allende non è un nuovo romanzo, assolutamente no. E’ una raccolta di brani tratti dai precedenti romanzi, accomunati da un tema conduttore: amore e sesso. A legarli, testi scritti dall’autrice in cui rievoca la propria vita (già raccontata in Paula, e poi di nuovo in Il mio paese inventato e La somma dei giorni).
La manovra commerciale dietro a un testo del genere – poco impegno, poca novità, poca elaborazione, poca scrittura, poco editing, tanto marketing – è evidente, soprattutto quando urla amoresesso e viene proposta nel pieno dell’estate, non v’è bisogno di me per spiegarla.
La domanda che mi pongo è invece un’altra:
ma c’è ancora qualcuno che legge Isabel Allende?
Quasi tutti i fedeli lettori che ho incrociato qui e lì affermano di averla abbandonata, amareggiati per la delusione.
E confermano le mie impressioni: scritti ottimi romanzi, Isabel Allende si è rifugiata in un taglia-e-cuci o mescola-e-riscalda delle proprie precedenti creazioni.
Si è voltata indietro, ha ripercorso sentieri già sondati, invece che andare avanti: preferendo proporre cose già lette e quindi più sicure, testi ogni volta più semplici e meno complessi, trame sempre più meramente romance. (Laddove l’impegno anche politico dei primi romanzi era innegabile!)
Quindi, v’è qualcuno che ancora legge Isabel Allende?
Io penso che se sì, se vi è qualcuno, questo quasi sicuramente ha letto solo qualche testo, casualmente reperito tra la sua ampia produzione. Magari non ha riconosciuto che quella storia lì l’aveva raccontata già lì.
Che serve sagge, bambine senza famiglia, forestieri affascinanti, scorribandieri tra il bene il male e sempre e comunque l’amore, uomini con difetti fisici e tanto affetto da dare li avevamo già visti lì e lì.
Che il gusto esotico si è impoverito, i profumi sudamericani sono divenute frasi e fantasie ripetute. Certo, di sicuro perché la novità della potenza della letteratura sudamericana si impoverisce dopo le prime letture, ma soprattutto perché l’esotismo in sé e per sé non è sufficiente, deve essere intrecciato a tutta una serie di altre componenti (trama, caratterizzazione, scrittura, eccetera). Altrimenti rimane una spezia intensa, ma mangiata da sola, non come condimento di una pietanza gustosa.
Se non ho contato male, i libri di Isabel Allende pubblicati in Italia sono venti (cui si aggiunge un volume che racchiude una sua trilogia). Io ne ho letti una quindicina. Circa.
Ho smesso quando ho espressamente dichiarato a chi me ne regalava che non ne volevo più sapere. Che ero troppo delusa dalla banalità e vacuità dei suoi nuovi testi (Inés dell’anima mia, L’isola sotto il mare, Ritratto in seppia, Il quaderno dei Maya, per citarne alcuni), che mi lasciavano annoiata e insoddisfatta. Che c’è un pre-Paula e un post-Paula che pare una linea netta, un muro invalicabole: dopo il 1995 non vi sono stati romanzi davvero meritevoli. Se ne salvano sei, quindi.
Quelli successivi spesso si confondono tra loro, quando mi tornano in mente. Costituiscono una macchia informe e indistinguibile, nessun personaggio o impressione memorabile, nessuna novità che rimane oltre la mera trama e il momento della lettura.
E’ vero, la lettura è anche intrattenimento. Personalmente ho ben chiaro la porzione usa e getta di ogni libro, il fatto che l’attimo di svago sia quello che è: un attimo, uno svago. Ma sono convinta che la sete di libri delle persone sia, in misura diversa per ognuno, innanzitutto guidata da un’innata curiosità e sete di scoperte. Che sia il sintomo e anche la terapia del fatto che “non ne abbiamo mai abbastanza” di ciò che già possediamo, delle conoscenze, della vita, delle emozioni. E sono ancor più convinta che questa esigenza sia mille volte maggiore nello scrittore, che non solo è sempre alla ricerca, ma sente anche l’urgenza di fermare, di catturare istantanee del proprio percorso e metterle nero su bianco. Un percorso che non ha mai un punto di arrivo.
Questa sensazione non la ricevo da molti scrittori e testi pubblicati ogni giorno, certo. Ma Isabel Allende un tempo mi inviava una carica di curiosità e vitalità e ricerca che rendono le assenze attuali mille volte più evidenti. E decisamente ingiustificabili.
Ormai, a mio parere, è finità così. Che Isabel Allende è in grado ammaliare, quando non la conosci. Che se leggi i suoi primi romanzi (Eva Luna, La casa degli spiriti, D’amore e ombra) non sei sicuro che ne avrai mai abbastanza.
Ma ciò che manca però nel rapporto lettore-autore con Isabel Allende è l’assoluta mancanza di stimoli, di nuove proposte. Una coppia dapprima appassionata e viva è divenuta una relazione fatta sempre delle stesse parole, di noia e grigiore, di insoddisfazione.
Una cosa è certa: una manovra commerciale che va a ripescare tra roba già scritta e la impacchetta un po’ non riconquisterà i lettori perduti e delusi.