Cara Sorella,
è troppo tempo che non ci sentiamo; non abitiamo più insieme, da quando ti sei sposata e io ho seguito la mia vita, ma il problema è che noi si lavora fino a tarda notte e non si ha tempo. No, non si ha tempo. Neanche per una telefonata.
Così stasera ti invio due righe, rimandando di qualche minuto l’ennesima lezione da preparare, rivedere, confrontare…
Cara Sorella, no, non inserisco il tuo nome sul blog, così resti un po’ anonima; non preoccuparti. E’ che ci hanno rubato tutto, anche la famiglia, la possibilità di essere più forti insieme, la possibilità di superare i momenti difficili avendo tempo da dedicarsi a vicenda. Ecco, ci hanno rubato tutto. Anche questo.
E’ per questo che stasera mi ribello, io DEVO trovare un momento per te. E per mamma e per papà. Costi quel che costi. Fosse anche per non riconsegnare in tempo le verifiche corrette. Io devo trovare il tempo. in questo esproprio di vita imposto dall’alto, dai mille percorsi semplificati, differenziati, che devi fare perché i docenti di sostegno sono stati tagliati, e anche molto del resto è stato tagliato… Tanto chi ha coscienza lavora il doppio, e non si permette di entrare in classe con il materiale non pronto o fatto a casaccio. No, non ce l’ho con i ragazzi, ma ce l’ho con le complicazioni burocratiche, quelle che ti richiedono e che non ti lasciano spazio per organizzare la didattica. Ma questo è un problema di cui stasera non voglio parlare. Io voglio parlare con te.
Cara Sorella, proprio no, stasera non mi va di sobbarcarmi la caduta dell’Italia- o il suo risanamento; e se ti va domani usciamo, fammi sapere; certo poi dovremo recuperare il tempo perduto per il lavoro, ma io l’Italia la salvo già tutti i mesi con il mio stipendio decimato dalle tasse. Non voglio pagare privandomi di te.
E di mamma e di papà. Loro che invecchiano e io che non ho tempo perché devo star dietro a tutto senza perdere il passo, solo per ottenermi da mangiare; niente di più; no, non pensare nemmeno ai sogni… a quelli ho già rinunciato da troppo, e non li ricordo nemmeno più.
Ma quando ricevi la mia lettera, dimmi se ti va, ci beviamo un caffè, una mezz’ora sola, non ti rubo di più.
Ma dimmi che ci sei. Non lasciamoci espropriare da noi.
Ti voglio bene.
Magazine Diario personale
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