L’ha pagata con gli interessi (e lo sapeva, del resto; ed è pure abbastanza piena di senso del dovere da pensare che sia giusto), la doppietta di gite con cui ha concluso marzo. Il ritorno da Praga l’ha accolta con la settimana dei pagellini, che si è unita a una serie di cose da fare per l’altro mondo, e, per gradire, un cambio di orario il sabato che le regala fino a giugno un’altra sveglia all’alba antelucana.
Così la ‘povna è andata incontro alla settimana più pesante con spirito consapevole. Ha benedetto la sua capacità di portarsi avanti, si è fatta una buona nuotata preventiva, e poi si è tirata su le maniche, e ha cominciato a lavorare.
Lunedì e martedì sono scivolati via abbastanza bene, va detto. Al consiglio degli Anatri, Stronza (l’unica collega che può mettere seriamente in discussione, sempre e comunque, l’armonia della didattica) era assente giustificata per frequentare i PAS (sui quali tacere non è giusto), la ‘povna ha dovuto fare il verbale al suo posto, e Barbalbero ha sollevato una mezza questione su un’uscita della classe con anticipo; ma, visto che aveva torto, e che tutti quanti (miracolo!) glielo hanno fatto presente con consapevolezza e senza insulti, tutto si è consumato regolarmente e in gloria.
Il giorno dopo (libero) la ‘povna è arrivata a scuola di ora buona, a mezza mattinata, come sempre. Ha controllato di avere provveduto ai suoi propri adempimenti (compilare i pagellini e le schedine del recupero nella classe dei Merry Men, dove è un soldato semplice; mettere data, dati, assenze, ritardi, eventuali rapporti, visto e firma per le Giovani Marmotte, per le quali, insieme a Mafalda, ha la funzione di coordinamento generale). Ammaestrate dall’esperienza, poi, la ‘povna e la sua socia hanno anche compilato, propositivo, un prospetto sulla condotta, controllando i risultati precedenti e presentando per i colleghi un riassunto organico. A quel punto è riuscita ad andare in bagno (e ne ha approfittato subito perché, è noto, a scuola mediamente non c’è tempo, e non si piscia) e le due sono arrivate in fretta.
“Non succede mai nulla” – ha commentato la ‘povna prendendo posto in aula (e riferendosi, per quanto riguardava le ultime sessioni di scrutini e di consigli, alla totale inadempienza della trama).
“Inventalo!” – le ha risposto Mafalda (che aveva subito colto il senso).
“Dici davvero?” – ha pensato lo sceneggiatore – “ora ti servo subito”.
E il tema del giorno si è cominciato a dipanare. Si trattava di “ritardo” (come da titolo). E si produce in fretta, e abbondante: interamente dovuto, va detto, a incuria personale. Con un’eccezione, prevedibile, e che la ‘povna aveva peraltro previsto. Perché, con una classe di 31 genitori tutti attenti, sapeva benissimo che, in quanto coordinatore, ai colloqui sarebbe andata lunga, finendo a cascata sull’orario del consiglio dei Merry Men, che cominciava alle 16. Proprio per questo però, lei, si era premurata di avvertire i membri del consiglio:
“Poiché sarò impegnata a finire i Marmottini – e i genitori, lo so, verranno tutti…”.
“Dici, ‘povna?”.
“…dico, dico, Esagono, conosco i miei polli”.
Esagono tace, saggiamente (le cicatrici del loro chiarimento sono ancora un po’ evidenti, e tutti e due si parlano, reciprocamente, con grande compunzione).
“…dicevo, voi cominciate senza di me, che è pure meglio”.
Esagono fa la faccia meravigliata.
“Ma sì, quello che dovevamo, già ce lo siamo detti; con altra gente, per me, non vale la pena nemmeno di provarci. Sulla classe sapete quel che penso, se c’è qualcosa di urgente, son comunque dietro l’angolo, e per tutte le decisioni in merito tu e l’Ingegnera Tosta avete la mia delega formale”.
Detto e realizzato, immediatamente. Perché quel che succede è che, all’alba delle 14.15, dalle Giovani Marmotte sono presenti 5 colleghi su 17. E ci sono ancora 4 insegnanti (Sfaticata, Archimeda, S(t)olida e Barbalbero) che non hanno correttamente compilato le schede personali.
Si aspetta.
Si aspetta.
Si aspetta.
Alle 14.35 i ritardatari sono più o meno pronti. Nel frattempo però qualcuno si è alzato ed è andato via (“Vado a mangiare nell’attesa”), come se fosse ovvio.
Alle 14.40 la ‘povna passa i corridoi a volo radente, come turbine di temporale.
“I colleghi della prima sono pregati di rientrare in aula”.
“Che succede, ‘povna?”. Esagono per le scale ridacchia.
“Succede che non abbiamo nemmeno cominciato, perché ciascuno fa i suoi comodi. Oggi finisce male”.
Intanto, a gran fatica, si comincia. Anche se “male” per fortuna non finisce (ma solo perché la ‘povna è troppo buona, ultimamente).
Certo, Barbalbero (again) sembra aver dato il cervello all’ammasso. E il siparietto nel quale i genitori si lamentano di insegnanti che non sanno usare l’elettronico registro, sostenuti dalla ‘povna (“Non ho l’abitudine di dire bugie per coprire il corpo insegnante: sulla questione del registro possiamo e dobbiamo fare meglio, e mi scuso – [io, che pure sono tra i pochi a compilare tutto a punto] – a nome dei colleghi”), è di quelli memorabili. Ma, complessivamente, le cose tendono a filare.
Si aprono i ricevimenti. I genitori, come previsto, ci sono praticamente tutti (29 su 31, e scusate la modestia: tra i mancanti, la mamma di Colin è in contatto diretto con Bettina, la sua insegnante di sostegno; l’altra famiglia è di Ging Ging, la ‘povna l’ha comunque incontrata la mattina dell’iscrizione, che è avvenuta nel II quadrimestre, e non parla una parola di italiano), ma il numero, pur elevato, è in perfetta media ‘povnica. A dimostrazione che le famiglie, quando si sentono valorizzate, eccome se partecipano. La ‘povna si dedica a distribuire i pagellini, sprona, discute, chiacchiera. Le quattro arrivano come previsto troppo presto.
“Ti dispiace fare un salto dai Merry Men, a confermare il mio ritardo?”, chiede a Mafalda che ha già esaurito i compiti.
Va e torna:
“Tranquilla, ‘povna, non trovano il foglio delle assenze, per ora sono anche loro ad aspettare”.
All’alba delle quattro e quaranta la ‘povna congeda l’ultima mamma, sorridendo. Il tempo di posare la cartellina della classe, un saluto ai genitori, in attesa paziente che si aprano le porte, e galoppa dai Merry Men veloce come il vento.
“Sei in ritardo” – la accoglie Sfaticata prima ancora che riesca a dire “Scusami!”.
“Beh, io avevo avvertito, i Marmottini erano tutti. E poi abbiamo cominciato con quasi tre quarti d’ora di ritardo, per colpa di qualcuno [come te] che non aveva compilato le schede personali”.
Ma poi si siede, con disposizione zen, a fianco dell’Ingegnera Tosta.
“Come va? Gli hai già detto di Praga” – domanda a mezza bocca.
“Non ho detto ancora niente, abbiamo cominciato adesso…”.
“???”.
E finalmente la ‘povna si rende conto che c’è qualcosa che non quadra. Non quadra che Sfaticata, invece che seduta con Ottusa, alla cattedra, a fare da segretaria verbalista, se ne stia seduta comodamente al banco. Tutta presa a chiacchierare di fatti suoi con chiunque sia disposto ad ascoltarla. Nel frattempo, in ultima fila, Esagono sfoglia compulsivo il registro, dettando a Pietropoli, che segna le crocette, numeri e dati della classe, ad aggiornamento delle schede personali.
Molto in sintesi (e con le parole dell’Ingegnera Tosta): “E’ successo che Sfaticata, come al solito, ha fatto finta di non ricordarsi i suoi doveri di segretario, è arrivata inadempiente, e in ritardo. Così non si è accorta che il foglio preparato dalla segreteria, con le assenze della classe, è andato perso. Lo abbiamo cercato dappertutto, ma alla fine ci siamo dovuti arrendere. Siccome lei continuava a cincischiare, e là fuori i genitori aspettano, Esagono ha preso in mano la situazione, e si è messo a fare lui quello che non gli spetta. Ha quasi finito, ora possiamo cominciare”.
E davvero, infine, si comincia. Ottusa il verbale se lo fa da sé, perché tanto Sfaticata non si schioda dal suo banco. Il consiglio va abbastanza bene, va detto. La ‘povna oramai qui usa la tattica (preziosa) del silenzio. Tanto a rappresentarla basta l’Ingegnera Tosta. Poi ci sono SignorePietà e Patty Albione che contribuiscono alla causa; Mickey Mouse (quando riesce a passare – lui ha 19 classi) di complemento; ed Esagono che comunque ha cura di chiamarla in causa quando gli sembra che non si possa esimere. Gli altri non pervenuti, come sempre. Ma complessivamente la fotografia che esce di quella classe è quella giusta. Esagono, c’è da dire, dall’inizio alla fine del consiglio la sfotte in double coding, a ricordare lo scontro precedente (ma a capire il sottotesto c’è solo l’Ingegnera Tosta: “Ti sfotte perché ti stima, è un modo ingegneristico per dirti di non preoccuparti, e che, almeno un po’, riconosce che ha sbagliato”).
Poi si aprono le porte, ed entrano i rappresentanti di classe. Le prime parole sono della mamma di Orlando:
“Immagino che avrete molte cose da dirci, e non sempre e solo belle. Prima di iniziare ci tenevo però a ringraziare tanto, a nome di noi genitori e dei ragazzi, la prof. ‘povna e la prof. Ingegnera Tosta. L’esperienza di Praga è stata indimenticabile, e sappiamo dai nostri figli quanto il vostro contributo sia stato sempre attento e cruciale”.
“Possiamo dire la stessa cosa di loro” – sorride l’Ingegnera Tosta.
La ‘povna invece tace, perché gonfiare la ruota del pavone è un grande impegno; specie se, dieci minuti prima, per non rispondere a Voglio-la-mamma (“So dai ragazzi che siete state così severe che a Praga avrebbero preferito non venirci”) ha fatto uno sforzo allucinante.
Poi si parte con le riflessioni, le raccomandazioni, l’autocoscienza. Earnest e Soldino annuiscono, compunti e consapevoli (sanno che la situazione e a rischio grosso, un poco come questa). Soldino si apre a una dichiarazione che strappa alla ‘povna e all’Ingegnera una lacrima e un applauso. E poi arrivano i colloqui individuali. Ed è quel punto che scatta l’imprevisto:
“‘povna, li dai tu i pagellini, io devo andare in quinta”.
La ‘povna fa la vaga:
“Certo Ottusa, non sapevo fossi tu il segretario, in quella classe”.
Momento di imbarazzo.
“Ehm, no, in effetti sono un soldato semplice ["E ti credi, che non lo sappia?"], però, però…”.
La ‘povna oggi è davvero troppo buona, e sa di esserlo.
“Comunque, certo, non ti preoccupare, io ho tutto il tempo”.
Le bocche di genitori che conosce da tre anni (e che hanno cominciato a farle cenni di saluto dalla porta) sono già aperte che sorridono.
Buona, ma non troppo (e neppure troppo fessa):
“Con la mamma di Weber però, magari, parlaci”.
“Dici?”.
“Dico. L’hai convocata tu, dicendo che vuoi sospenderlo” – pausa – “io del resto, poi, ci ho già parlato”.
La storia finisce con la ‘povna che fa le veci del coordinatore, un’altra volta (nel I quadrimestre ci aveva pensato Esagono). Così, mentre l’aula piano piano si svuota, e Ottusa fugge al consiglio, lei se la prende comoda.
Parla con tutti, aggiorna, si fa raccontare, e anche racconta.
Alle sette e mezzo, in ritardo di più di un’ora sul programma, ragiona del sistema delle discoteche (sul quale sta facendo un réportage-inchiesta) col babbo di Cirillo Skizzo.
Infine saluta e se ne va, col senso del dovere svolto. Quello che certi colleghi piùcheretti non potranno mai provare nella vita, nemmeno se si impegnano. Poveri loro.
Magazine Diario personale
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