Distant Satellites è una metafora sulle persone e sulla vita delle persone. Si gira, si ruota intorno a qualcosa, ci si avvicina e allontana gli uni dagli altri, ci si perde. Già con Weather Systems gli Anathema avevano alzato fino alla mesosfera il loro punto di osservazione delle cose terrestri e ora staranno ultimando le procedure di abbandono di questo sistema solare. La storia della complessa evoluzione artistica dei Cavanagh ha seguito dei sentieri che, arrivati a questo punto, è lecito credere siano stati tracciati molto tempo fa da un’intelligenza superiore capitata per caso su questo pianeta. Altrimenti stupirebbe il fatto che essa, almeno da queste parti, non abbia mai generato alcun disorientamento. Un’evoluzione naturale, come definita da Vincent, che parte dall’heavy metal e si ammorbidisce in un senso sempre più ‘classico’. Il metal è parte della loro identità e, seppur superato, è qualcosa che non è mai stato in discussione. Del resto lo stesso Vincent ammette che i Voivod sono tutt’ora uno dei suoi gruppi preferiti. È tutto molto bello e coerente se ci pensate, perché se associamo l’evoluzione dei due gruppi potremmo ritrovare pure dei tratti in comune, tipo l’imprevedibilità, la naturalezza e l’incapacità di deludere le aspettative dei propri fan (e questi non sono elementi che trovi abbondanti in natura come l’idrogeno o l’elio). Insomma, tra extraterresti ci si conosce.
Come Weather Systems il disco inizierà con due pezzi connessi tra loro, ma che qui proseguono pure con un terzo capitolo, The Lost Song – Part 3. Musica, Maestro:
Nel merito è presto per dare giudizi ma già un paio di cose appaiono abbastanza chiare: la melodia è indubbiamente bella e familiare ma quel tempo di batteria, così uniforme e piatto, rischia di smorzare un po’ il pathos del pezzo. Non aggiungerei altro se non che non ho sentito né grandi brividi, né ho visto scendere le ormai proverbiali lacrime da vitello. Intervistato di recente in un parco parigino dalla Rocknlive, Danny racconta come è nato e venuto su questo disco. Parlando dei testi delle nuove canzoni ci fa sapere che, dal punto di vista compositivo, qualcosa di diverso stava accadendo già nel 2008, quando scrisse un certo riff per un nuovo brano melodico e “bellissimo”; ma questo riff inspiegabilmente sparì dal pc. È proprio nel vano tentativo di ricordare come girasse il motivo principale della canzone dispersa che sono venuti fuori alcuni pezzi di Distant Satellites. L’album, dice ancora, è uno strano mix di roba elettronica, che appartiene decisamente agli anni ’90-’00, e materiale più ‘classico’. Alcune melodie sono state concepite molto tempo fa, tipo la title track che di anni ne ha diciassette. Già sappiamo però che qui c’è ancora la mano di Steven Wilson. Capiremo dove, come e quanto ha influito stavolta.
Per il vostro e nostro sollazzo riportiamo proprio la versione acustica di Distant Satellites sempre concessa da Danny & Vincent, quasi dei moderni Simon & Garfunkel, ai fortunati colleghi franciosi. Aspettiamo i primi di giugno per riparlarne con la giusta avvedutezza perché gli Anathema, come pochi altri, sono capaci di farci salire l’ansia da attesa. (Charles)