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Ci sono tante Puglie: Le città invisibili

Creato il 20 giugno 2012 da Cultura Salentina
©Gianfranco Budano

Lecce: centro storico

Le città invisibili.

La Puglia è luce, apre spazi infiniti, che rappresentano l’oltre, l’invisibile, e la luce si stende su tutto e rabbrividisce come un gran bacio di passione. La Puglia è colore, e noi abbiamo bisogno di capire l’enigma dei colori, abbiamo bisogno di colore per vivere, e il colore è pensiero, è vita, e qui lo troviamo intatto; qui niente è scisso, tutto è complementare in modo spesso violento. Ad esempio Bari è una città offerta al mare come un vassoio davanti all’immensità, con il centro storico più bello d’Italia. Barivecchia, – dice l’algerino Allam, – mi ricorda la casbah, con le stradine intricate il bianco dei muri e la pavimentazione, è la nostra Medina. Le vie bianche di calce, strette, così che il sole entra soltanto se cade a picco, le case appese, i muri alti, i palazzi aristocratici nella loro architettura, è una città molto araba …ma fuori dal centro storico le case sono brutte, sono un blocco di cemento, sono un insulto alla natura e i cittadini vivono chiusi in piccoli mondi che bisogna penetrare. Bari non è città di passaggio, è una città a più dimensioni. Bari ha un compito verso il Mediterraneo, deve integrare i popoli e le culture che ancora oggi si scontrano. Oggi viviamo in un mondo ingiusto di rifugiati di emigranti di clandestini : sotto queste molte vesti di disperazione ci sono soltanto esseri umani che dobbiamo tutti aiutare. I pugliesi, questi levantini della magna grecia avventurosi e antropologicamente ricchi per aver colto il sostrato di tutte le culture, l’hanno fatto, hanno dimostrato spirito di fratellanza e solidarietà, anche se non tutti gli italiani sono d’accordo in questo. Ma l’homo barensis – dice Luca Desiato – ha qualcosa di barbaro dentro, nel senso di una considerevole energia vitale. Appartiene ad un popolo marinaro, aperto all’accoglienza perché abituato al commercio.

Da Foggia a Bitonto

Foggia, il capoluogo della Capitanata, invece – dice Giovanni Russo, – è l’anticittà, quando ci sono stato c’era un sole e un caldo bestiale, ma Foggia è uno snodo importante, un centro agricolo e industriale attivissimo,in forte espansione, ed è anche la città della lirica con il suo Giordano, Andrea Chenier, Arbore e il Clarinetto, e l’antichissima favolosa Arpi fondata da Diomede. Mentre Lucera, la città araba, mi è rimasta dentro l’anima come un lungo sogno, mi sembrava emersa dal passato era la città di Gerusalenne che mi veniva incontro in una sorta di sincretismo culturale e religioso, i crociati e i musulmani, e gli arabi che andavano insieme a braccetto nello sfavillìo delle notit. Ho visto anche Faeto, la città angioina, sul declivio che domina l’alta valle di faggi, olmi e querce, in una posizione assai panoramica, e i suoi abitanti che ancora parlano il provenzale antico dei coloni fondatori; e poi Bovino, l’antichissima colonia romana Vibinum, ricordata da Plinio e da Polibio, sulle cui alture si fermò Annibale. La città, con il suo palazzo ducale, le sue torri e il bel Duomo con la protome bovina, simbolo di San Marco, m’è parsa come uno scrigno d’arte.

Io – mi dice Pompilio Fedele – invece ho visto Trani e Barletta, che sono un ricamo di pietra; e poi i paesi della valle d’Itria, unici nel loro candore; le città invisibili che ti vengono incontro nella notte, con le loro luminarie, tutte diverse l’una dall’altra per la pianura, per la luce, per la varietà architettonica, e poi la cucina, le verdure, il pesce, la frutta, il vino pieno di sole, quel sole che si infila nei vicoli di Barivecchia, le voci, i colori, le canzoni; ho sentito una canzone gitana scritta da Bregovich, una casa di sogno, fatta di un’architetura storica, labile, fatta d’aria, invisibile… Anche Martina Franca, dice Lagorio, è un’architettura fatta di labilità, di levità, di pulizia, sarà forse il bianco della calce o la pietra chiara, la Puglia è soltanto luce, uno scrigno di luce. Mi hanno invitato a Monopoli, una festa di cibi, di pesce e di calore umano, un senso di familiarità coinvolgente e avvolgente…ti fa crescere dentro il sentimento della bellezza, poi esci all’aperto e trovi il mare e il cielo in sintonia con quella bellezza …Oh, Dio, fai dei voli dello spirito!. Ad esempio, la cattedrale di Molfetta è costruita sul mare, una cosa veramente unica al mondo. E Ostuni, Locorotondo, Ceglie, città di calce distese tra i giardini di olivi, e Alberobello, città inconsueta, strana. E’ come se si vivesse in una fiaba di pietra.

Pensi a quelle città, ma anche ai centri storici di Bitonto, Trinitapoli, o Terlizzi e provi un senso di ariosità, di pulizia, come se dovesse passare da un momento all’altro una processione, con il papa.

Riscatto

La cultura pugliese – dice Alfredo Caltabiano – è stata influenzata dal mondo spagnolo, oltrecè dal mondo arabo. Prendi il Gargano, ad esempio. E’ una terra mistica che ti ricorda San Giovanni Della Croce e Santa Teresa d’Avila. Lì trovi la grotta dell’Arcangelo, un luogo dove senti il sacro il mistero del sacro ne respiri l’alito, lo avverti intorno a te, lo tocchi quasi con mano…E poi i riti religiosi di Taranto, l’antica Taras del mitico fondatore Falanto, la città di Livio Andronico, la grande alleata di Sparta, che ti riportano in pieno medio evo, i piatti del paradiso, certi germogli di grano con cui si addobba il sepolcro, la processione dell’addolorata, per non parlare delle focare di Novoli e il tarantismo diffuso in tutta la regione salentina.

Queste terre, – dice Ernesto Ferrero, – hanno bisogno di un riscatto morale e civile. Per me è sempre una commozione rivedere questa terra di cattedrali e i castelli di Taranto, Oria, Bari, Manfredonia, Trani, Lucera, Castel del Monte con le sue memorie antichissime e misteriose. E’ una proiezione metafisica, uno dei dieci posti più misteriosi del mondo la poesia di pietra, un teorema cosmico e geometrico, una pietra algebrica, dentro quelle mura, mi son sentito come Petrarca sul mont ventoux o Dante nella Vita nova, mi son lasciato prendere dal luogo, dalla sua perfezione, è un poema di perfezione architettonica, direi che è l’ansia di rappresentare sulla terra la perfezione dell’universo. Federico amava la cultura, ma anche le donne belle, e le donne pugliesi sono bellissime, la fattezza dei loro visi supera la fisionomia della donna del mediterraneo, va verso la bellezza orientale …

Roma, 21 maggio 2012


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