La questione del modello di business, di come rendere sostenibili economicamente giornali e giornalismo nell’era post industriale resta centrale e prevalentemente irrisolta.
Si assiste ad una serie di sperimentazioni, più o meno indovinate, ma fondamentalmente ci si continua a basare sul modello storico del binomio vendite-pubblicità.
Se le vendite, i paywall, possono servire a frenare e stabilizzare il declino delle copie cartacee, come dimostra il caso del «The New York Times» ma anche i dati recentemente diffusi per quanto riguarda i quotidiani del Regno Unito, la pubblicità, il display advertising, con il calo costante del valore per CPM, sarà sempre meno in grado di compensare le perdite del cartaceo. Il perchè lo spiega egregiamente l’articolo pubblicato sul «The Guardian» ieri suggerendo soluzioni che anche il sottoscritto qualche mese fa aveva immaginato essere sensate.
In particolare l’autore dell’articolo scrive:
So back to our failing newspapers and online magazines. They were all based on the premise of advertising revenue. But there is no advertising revenue, because advertising in an online interactive world, really doesn’t make sense. It’s a left-over from the linear print world.
Che fare dunque? Come sempre la risposta è tanto semplice quanto complessa, articolata: stabilire una relazione “privilegiata” con i lettori, con le persone.
E’ in tal senso che si stanno muovendo alcuni dei principali quotidiani dell’America Latina, ma non solo, creando dei club per i propri lettori. E’ il caso di «La Naciòn» in Argentina o di «El Mercurio» in Cile che offrono, appunto, la possibilità di iscriversi al club del giornale ed ottenere vantaggi economici, offerte esclusive – sulle quali evidentemente ottengono un ricavo economico – o, in modo diverso, dello spagnolo all digital «El Diario».
Un altro pezzo del passaggio dal piedistallo allo sgabello. Ci vediamo al club?