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Tutto Quello che Avreste Voluto Sapere sul Gruppo Caltagirone

Creato il 04 giugno 2015 da Pedroelrey

La quarta pun­tata del nostro spe­ciale sui bilanci dei mag­giori gruppi edi­to­riali, dopo le ana­lisi rela­tive a RCSMe­dia­group, gruppo Espresso-Repubblica e 24Ore, è dedi­cata al gruppo Cal­ta­gi­rone Edi­tore la hol­ding pro­prie­ta­ria dei quo­ti­diani Il Mes­sag­gero, Il Gaz­zet­tino, Il Mat­tino, Leggo, Cor­riere Adria­tico e Nuovo Quo­ti­diano di Puglia.

I ricavi

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La para­bola dise­gnata dal gra­fico dei fat­tu­rati – il periodo preso in con­si­de­ra­zione va dal 2000 al 2014 – ha un anda­mento più o meno simile agli altri gruppi presi in esame: dopo un avvio in lieve decre­scita sale fino al 2007 per poi discen­dere ine­so­ra­bil­mente fino all’ultimo bilan­cio chiuso lo scorso anno. I ricavi mas­simi, regi­strati come detto nel 2007, ammon­tano a 327 milioni di euro, ma già nel 2011 si regi­stra­vano fat­tu­rati al di sotto di quelli del 2000. La fles­sione costante porta i ricavi nel 2014 a 170 milioni, –157 milioni dal punto più alto e –78 milioni se si guar­dano le ultime cin­que annua­lità. Leg­gendo il dif­fe­ren­ziale anno su anno notiamo che la “svolta” in nega­tivo avviene nel bilan­cio 2008 quando il con­fronto con l’annualità pre­ce­dente pre­senta, dopo anni, il segno meno.

I dati delle sin­gole voci di ricavo non lasciano mar­gine di dub­bio: il mag­gior respon­sa­bile della fles­sione dei ricavi è la crisi della pub­bli­cità. Potremmo dire addi­rit­tura che per Cal­ta­gi­rone rap­pre­senta non solo il prin­ci­pale ma quasi l’unico “col­pe­vole” per­ché la discesa dei ricavi pub­bli­ci­tari passa dai 156 milioni del 2010 ai 91,5 del 2014. Ovvero un valore di –64,5 milioni che rap­pre­senta da solo l’82% della fles­sione, nel mede­simo periodo, dei ricavi totali [-78 milioni]. Le cose vanno ancora peg­gio se ana­liz­ziamo le ultime tre annua­lità [2012–2014] con un peso della pub­bli­cità sulla fles­sione dei fat­tu­rati dell’86%.

I ricavi dif­fu­sio­nali tutto som­mato reg­gono bene con­si­de­rando il con­te­sto gene­rale: i –9 milioni che ha por­tato il dif­fu­sio­nale dai 79 milioni del 2010 al valore del 2014 è un dif­fe­ren­ziale minimo nella tur­bo­lenza del periodo attuale e con la crisi della ven­dita di copie car­ta­cee. Ci sarebbe sem­mai da chie­dersi il per­ché di tanta fles­sione dei fat­tu­rati pub­bli­ci­tari di fronte a una sostan­ziale tenuta della dif­fu­sione. La rispo­sta sta sia nella ten­sione sui listini di ven­dita, sui prezzi di ven­dita dell’advertising, in calo, che, pro­ba­bil­mente, su inef­fi­cienze della con­ces­sio­na­ria. Infatti i dati sui ricavi di Piemme, la con­ces­sio­na­ria pub­bli­ci­ta­ria del gruppo, vedono una fles­sione netta e risul­tati netti costan­te­mente nega­tivi dal 2011 a oggi.

Il rap­porto ricavi/costi e l’assoluta mar­gi­na­lità degli “altri ricavi” fa emer­gere anche per il gruppo Cal­ta­gi­rone un sistema di ricavi pochis­simo dif­fe­ren­ziato e quindi tutto incen­trato sulla cop­pia ormai obso­leta pubblicità/diffusionale. In que­sto sce­na­rio qual­siasi taglio effet­tuato sui costi risulta poco più che un pal­lia­tivo inca­pace di argi­nare il declino dei fat­tu­rati [lo sap­piamo, è un con­cetto che ripe­tiamo spesso ma è un tema sul quale a nostro giu­di­zio ha valore insi­stere molto].

Digi­tale
Diciamo subito che nei bilanci e nei docu­menti non abbiamo tro­vato dati rela­tivi ai ricavi da atti­vità digi­tali. Nella comu­ni­ca­zione del bilan­cio 2014 si parla di «terzo ope­ra­tore infor­ma­zione digi­tale ita­liano» di «Rac­colta pub­bli­ci­ta­ria sui siti inter­net +46,3% rispetto al 2013», sì ma di cifre del 2013 niente [quindi +43% di quanto?]. Si fa rife­ri­mento alla pub­bli­cità digi­tale affer­mando che si è  «supe­rato il 10% dell’intero fat­tu­rato pub­bli­ci­ta­rio» quindi, facendo due cal­coli, circa 9 milioni euro. Ma d’altra parte dal gruppo nel docu­mento di bilan­cio alla voce “atti­vità edi­to­riale” si ammette che «Rela­ti­va­mente alle ven­dite di abbo­na­menti e copie mul­ti­me­diali delle testate del gruppo, i dati non risul­tano ancora signi­fi­ca­tivi, e la loro inci­denza sui ricavi dif­fu­sio­nali del gruppo risulta ancora mar­gi­nale». Insomma, molto fumo e poco arro­sto, pare.

Detto que­sto però alcune con­si­de­ra­zione ha valore farle ugual­mente. Abbiamo visto il pano­rama gene­rale dei gruppi edi­to­riali ita­liani: l’unico edi­tore con per­cen­tuali da digi­tale sui ricavi totali al di sopra del 20% [in calo nel 2014 peral­tro] è il gruppo 24 Ore, gli altri sono deci­sa­mente in ritardo e al di sotto di per­cen­tuali di inci­denza digi­tale ade­guate a grandi gruppi edi­to­riali. Aggiun­giamo a que­sto qua­dro che i fat­tu­rati da digi­tale hanno biso­gno di svi­lup­parsi gra­zie alla mone­tiz­za­zione di audience sem­pre più vaste ed estese [non a caso le grandi testate estere che gui­dano la tra­sfor­ma­zione digi­tale come Guar­dian, Washing­ton Post e New York Times stanno adot­tando decise poli­ti­che di espan­sione glo­bale ben oltre i loro con­fini nazio­nali]. Da noi, in scala minore, sia al gruppo Espresso che a Rcs i fat­tu­rati da digi­tale comun­que deri­vano in larga parte rispet­ti­va­mente da Repub­blica e Cor­sera, le due ammi­ra­glie a carat­tere nazio­nale. Rea­liz­zare una poli­tica di svi­luppo eco­no­mico con al cen­tro il digi­tale per un edi­tore come Cal­ta­gi­rone, con testate di dimen­sione pret­ta­mente locale è, ogget­ti­va­mente, ancora più dif­fi­cile e com­pli­cato per­ché mone­tiz­zare attra­verso que­ste comu­nità di let­tori resta  ancora per molti gior­nali (non solo ita­liani) un auten­tico rom­pi­capo. Ma sarà pro­prio que­sto, a nostro parere, uno dei più impor­tanti nodi da scio­gliere per il futuro del gruppo.

Il taglio ai costi
I costi ope­ra­tivi sono stati tagliati nelle ultime cin­que annua­lità per 50,9 milioni di euro [da 220,9 milioni del 2010 ai 170 del 2014] un taglio del 23% sostan­zial­mente in linea con quello fatto da altri gruppi. Nell’ultima annua­lità tra l’altro costi ope­ra­tivi e ricavi pra­ti­ca­mente coincidono.

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I dipen­denti del gruppo nel 2010 erano, al 31 dicem­bre, 1.079 [1.088 i dipen­denti medi] nel dicem­bre 2014 scen­dono a 843 [881 nel periodo medio] un taglio di 236 unità pari al 22%. Il taglio più deciso è stato effet­tuato lo scorso anno con una fles­sione del 10%. La cate­go­ria che ha sof­ferto più que­sto fles­sione è stata quella degli “impie­gati e qua­dri” che con­tri­bui­scono al taglio totale per il 58% men­tre i gior­na­li­sti “solo” il 25%. Il costo uni­ta­rio per dipen­dente non segue una calo costante nel tempo ma si man­tiene sostan­zial­mente costante nel tempo: si passa dagli 88.608 euro del 2010 ai 95.978 del 2012 per tor­nare a 88.278 del 2014.

Le testate prin­ci­pali del gruppo

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Il Mes­sag­gero, Il Mat­tino e Il Gaz­zet­tino (acqui­sito dal gruppo nel 2006) hanno dina­mi­che nega­tive simili ma con accenti diversi. Se è Il Mes­sag­gero quello che in valori asso­luti con­tri­bui­sce mag­gior­mente alla nega­ti­vità degli anda­menti è Il Mat­tino la testata che regi­stra il peg­gior trend con un calo dei ricavi del 33% delle reve­nues 2014 rispetto a quelle del 2010. Il Gaz­zet­tino, nel pano­rama com­ples­sivo, “tiene” con una fles­sione che sia in valori asso­luti che in per­cen­tuale è la meno rile­vante. Segno che evi­den­te­mente la testata con­ti­nua a rap­pre­sen­tare un rife­ri­mento impor­tante per il ter­ri­to­rio, per il Nord-Est nono­stante una scel­le­rata poli­tica di demo­li­zione del brand.

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[Nota meto­do­lo­gica: i valori delle sin­gole voci, dove non spe­ci­fi­cato, sono quelli pun­tuali indi­cati anno per anno nei rela­tivi bilanci e non quelli ride­ter­mi­nati su base omo­ge­nea o riclas­si­fi­cati nei bilanci suc­ces­sivi (per essere più chiari: ad esem­pio, la voce ricavi del 2012 è quella indi­cata nel bilan­cio 2012 non quella even­tual­mente ride­ter­mi­nata suvc­ces­si­va­mente nel bilan­cio 2013)].

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