Ci vorrebbe un Barack, abbiamo solo un Matteo.

Creato il 03 settembre 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Pensate se da noi potrebbe mai verificarsi un fatto del genere: “Clint Eastwood? Sono un suo grande fan. È un grande attore e un regista ancora più bravo”. Così Barack Obama ha commentato con un giornalista di USA Today il soliloquio dell’”attore con due pose, una con il cappello una senza” (come lo definiva Sergio Leone) contro di lui alla convention Repubblicana. Obama ha poi aggiunto: “Se sei presidente o sei in corsa per la presidenza e ti offendi facilmente, beh allora è meglio che cambi mestiere”. Ora, pensate se da noi che so, Roberto Benigni, si fosse provato a dire di Silvio le stesse cose che Eastwood ha detto di Obama, minimo Sallusti avrebbe ritrovato fra i suoi dossier tarocchi, un falso certificato di ricovero coatto del premio Oscar, mentre Belpietro si sarebbe inventato un Benigni armato di pistola (destinata a fare cilecca) che attentava alla sua vita nell’androne dell’abitazione. Ma lo stesso Silvio avrebbe risposto all’intemerata del comico toscano con una serie di contumelie e di bestemmioni in perfetto stile maremmano, con maiali e maiale connesse, con insulti a padre, madre, sorelle e fratelli fino alla terza linea diretta di ascendenza. Obama no. Lui ha risposto con un fair play invidiabile, se si esclude quel passaggio in cui dice di preferire il Clint regista al Clint attore, sottilmente ironico e memore della definizione del Leone italiano che lo aveva scelto come protagonista di “Per un pugno di dollari”. Da noi, invece, le offese piovono come nulla fosse, memori solo dei camalli genovesi, dei butteri maremmani e dei pescivendoli della Vucciria che i santi del calendario li conoscono tutti e forse qualcuno in più. Ora ci si è messo anche Beppe Grillo che, rievocando Orwelle gli ‘anni di piombo’, ha detto chiaro e tondo che qualcuno vuole eliminarlo dopo averlo messo al centro del “rito dell’odio”. E dire che Beppe è uno uso a fare apprezzamenti senza peli sulla lingua, oltre che essere un profondo intenditore di insulti camuffati da battute. Ma la più bella notizia di ieri è la presenza di Matteo Renzi De’ Medici alla Sagra del Pd. Un intervento a tutto campo, quello del Signore di Firenze, che ha lasciato a bocca aperta i presenti alla kermesse che già si vedevano a tavola pronti a gustare gli gnocchi fritti. Ha detto Matteo (ci possiamo permettere di chiamarlo solo per nome, lui è giovane, molto giovane, troppo giovane): “Sono per le primarie, lo sanno tutti. Però voglio primarie serie, vere, nelle quali decida la gente. E se le dovessi perdere non andrei alla ricerca di sistemazioni come Rosy Bindi e Dario Franceschini, io me ne starei a casa”. Sulle versioni che negli anni hanno contraddistinto i democrat, Matteo ha detto: “In trent’anni il centrosinistra ha cambiato nomi e simboli, ma le persone che stanno ai piani alti non cambiano: tra ulivo e quercia abbiamo fatto una deforestazione ma i personaggi sono sempre gli stessi”. Questo è l’unico punto della proposta complessiva del “rottamatore” che condividiamo appieno, quello che ci sembra più arduo è vedere lui prendere il posto del vecchi, occorrerebbe fidarsi sulla parola ma noi, ormai vecchi osservatori rotti a tutte le fanfanate, non ci fidiamo più della parola di nessuno. In attesa di sapere come risponderà il “duo di Pisa”, D’Alema/Veltroni, al sindaco di Firenze ha ribattuto Giorgio Merlo: “Il sindaco di Firenze attraverso le future primarie per scegliere il candidato premier del centrosinistra, vuole semplicemente far saltare il partito democratico. Come da copione, sempre in nome del cambiamento e dell’innovazione della politica”. L’è düra, oh se l’è düra.

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