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Ciak si Gi...mmi - Il padre di famiglia

Creato il 15 gennaio 2013 da Calcisulcalcio
Ciak si Gi...mmi - Il padre di famiglia
I film hanno vari tempi. Il primo ed il secondo tempo. Il tempo oggettivo di durata del film. La durata delle vicende raccontate che possono attraversare archi anche di centinaia d’anni come nell’imminente Cloud Atlas. Il tempo percepito dallo spettatore, certi film da 90 minuti che sembrano eterni mentre altri che durano 3 ore e volano via. Ma c’è un altro tempo, quello che si vede attraverso gli occhi del regista, diciamo il periodo storico in cui viene ambientato il film e che viene rivisitato a modo suo dall’artista. 
Da questo presupposto un film può diventare come un libro di storia, perché non ci racconta solo la vicenda umana del protagonista, ma anche tutto il contesto storico in cui esso vive. Contesto che subisce immancabilmente il giudizio critico del narratore che lo mette in scena. Se per dire guardiamo un film degli anni '90, ambientato negli anni '90, stiamo a tutti gli effetti vivendo quel periodo raccontato da chi lo stava vivendo. La stessa cosa può accadere quindi per qualsiasi altro film girato e che rappresenta il tempo stesso in cui si fanno le riprese. Ho fatto tutto questo preambolo per parlarvi di due film , uno guarda caso ambientato negli anni novanta, l’altro che affronta un arco di tempo che va da poco dopo la caduta del fascismo fino ai primi anni settanta. 
Il portaborse, regia di Luchetti con protagonista Silvio Orlando e con un Nanni Moretti forse nella sua interpretazione migliore. Girato appunto nei primi anni novanta racconta dell’insegnante di italiano XXX. Con problemi economici, fidanzato con un’altra insegnante che vive a 800 kilometri da lui.Oltre all’insegnamento, scrive articoli e romanzi per un giornalista-scrittore in crisi che ci mette solo la firma. La sua vita viene stravolta dall’arrivo del nuovo ministro per le infrastrutture XXX, interpretato da Moretti, il quale tramite imbeccata dello scrittore di cui sopra, decide di assumere Silvio Orlando per scrivergli discorsi e comizi vari, soprattutto in vista delle nuove elezioni che incombono. 
Già dal primo scambio di battute si evince tutto il tenore del film, Orlando gli risponde “Ma come elezioni, il governo non è mica caduto”, Moretti lo guarda con superiorità mista a simpatia rispondendogli “Si il governo non è caduto”, facendo ben intendere quante cose sappiano ai piani alti che al popolino non è dato sapere. Il film procede ovviamente con l’ascesa del politico grazie alle parole ispirate dell’idealista insegnante di italiano, il quale però digerisce con sempre maggior riluttanza ciò che accade sotto i suoi occhi. 
Il padre di famiglia, di Nanni Loy (1975), con un Nino Manfredi in formissima racconta di un giovane laureando in architettura socialista che conosce un’altrettanto giovane studentessa sempre di architettura, i due si innamorano, si spostano e tutto fila liscio malgrado le differenze culturali, soprattutto fra lui progressista convinto e i genitori di entrambi ognuno tradizionalista a modo suo. Entrambi i giovani sposini hanno grandi prospettive, lui lavora all’urbanistica e si batte per una Roma più vivibile e per un piano di sviluppo che non preveda la continua cementificazione che si sta portando avanti. Lei ragazza moderna ed intelligente non ha nessuna intenzione di sacrificare la sua posizione indipendente, lavora in uno studio associato con ottimi risultati. 
Marco è contento di questa situazione, aborrisce queste famiglie proletarie che sfornano figli a ripetizione per poi non riuscire ad arrivare a fine mese. Litiga addirittura con un collega il quale lascia l’urbanistica per andare a lavorare in uno studio privato in cui si guadagna molto più proprio per poter mantenere i figli. Eppure, in un periodo in cui ancora la contraccezione non è materia così certa come lo è oggi, anche la giovane in carriera rimane incinta. Non è un grosso problema, si può continuare con il proprio tran tran grazie all’aiuto dei genitori. Ma il destino o forse il troppo amore si accanisce e nasce un secondo figlio. La famigliola si allarga ancora, e per aiutare la madre i genitori di lei fanno arrivare una ragazza alla pari dalla Sardegna. Ma Marco/Manfredi è peggio di un cecchino e colpisce ancora, e ancora.
Ci si trova con quattro figli, problemi di spazio, problemi economici e l’incomunicabilità fra marito e moglie diventa la routine, lei troppo presa ogni secondo dalle mille richieste dei figli per i quali ha dovuto definitivamente lasciare l’impiego, e lui perso dietro al lavoro ed al budget familiare. Una storia che raccontata così è quasi scontata se non noiosa. Eppure nella sua coerenza alla realtà rivela la sua forza. Il grigiore soverchiante della monotonia. L’incapacità di un uomo di affrontare con serenità le sue responsabilità. Le inevitabili crisi familiari che derivano dal non avere più l’intimità a cui ogni coppia non dovrebbe rinunciare.
Sullo sfondo di questa crisi familiare, le magagne degli inciuci fra palazzinari romani e comune di Roma, fra bustarelle ed edilizia selvaggia. Per l’idealista Marco, non solo la vita familiare diventa una routine , ma lo diventa anche la corruzione dell’assessorato all’urbanistica, man mano smette di combattere lasciando che le cose vadano come “devono” andare. Due film splendidi, che in modi diversi raccontano un’Italia piccola, mediocre e corrotta. 
Viene da chiedersi se già negli anni settanta si giudicavano i vent’anni precedenti come un periodo di ruberie e magna magna a volontà. Se il giudizio sulla politica negli anni ’90 era già così totalmente negativo che oggi verrebbe chiamata antipolitica .Come stupirsi se oggi siamo una nazione allo sbando totale, governata da banchieri che non hanno altro interesse se non incassare tutto l’incassabile prima che come per la Costa Concordia le falle che non si possono più nascondere non ci facciano naufragare definitivamente? 
Sarà il mio spirito da bastian contrario ma visto il buonismo natalizio appena trascorso, mi sembrava un ottimo momento per una sana dose di cinismo disincantato. Ci vediamo la prossima settimana, take care! 
di Gimmi Cavalieri

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