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Il romanzo racconta la storia di Vittorio Fubini, maggiordomo presso la casa del conte e della contessa Flores a Neive, un piccolo comune in provincia di Cuneo, nel 1864.Vittorio è un uomo tutto d'un pezzo, freddo, rigido e un po' troppo severo sia verso se stesso che e soprattutto verso gli altri. Un uomo che, si potrebbe dire, vive solo ed esclusivamente per il suo lavoro e che riversa in questo una dose importante di passione. Un pignolo, un inrtransigente, un perfettino. È la morte dello sconosciuto eppur sempre presente zio, Alfredo Musso, che segnerà un profondo cambiamento nella vita di Vittorio. Si ritroverà, infatti, a dover abbandonare Torino, la sua città, per ricoprire il ruolo del defunto zio presso la casa dei conti Flores.Dimora che, però, nasconde un mistero che tutti i membri della servitù sembrano conoscere ma di cui nessuno è disposto a parlare. Strani rumori si palesano la notte, sbalzi di temperature improvvisi, singolari accadimenti confondono la mente di Vittorio che non si fermerà fino a quando non verrà a capo del misterioso segreto custodito dalle stanze di casa Flores. Di una stanza in particolare, chiusa ormai da tempo e che nessuno, in quella casa, è in grado di aprire perché, a possederne le chiavi, è solo Amedeo Flores. La trama, che riportata in appena una manciata di righe da me che non sono una scrittrice e nemmeno una che si diletta a scrivere le quarte di copertina, sembra banale e tipica della peggior partita a Cluedo della vostra vita. Invece vi assicuro che non è affatto così. Perché l'ambientazione, i personaggi e la scrittura attenta e minuziosa dell'autrice rendono questo romanzo più vicino a Jane Eyre e Downton Abbey che a Cluedo. Sì, sebbene si tratti di un esordio –che mi auguro vada bene così da spingere Francesca a scrivere un altro romanzo– di un'autrice italiana, l'ambientazione e l'aria che si respira tra le pagine di questo libro è la stessa di un romanzo inglese d'altri tempi. Un po' cupo a volte, ma della stessa, identica e grigia cupezza di cui i romanzi inglesi del 1800 sono impregnati. Coinvolgente, oltre allo stile dell'autrice, anche il modo in cui Francesca decide di approfondire la figura di Vittorio, con un susseguirsi di flashback ben posizionati che coinvolgono così tanto il lettore che, a un certo punto, non ci si ricorda più se il romanzo è un grande flashback con salti nel futuro o viceversa. Ma, credetemi, non ha davvero alcuna importanza. Si vede, si percepisce, che l'autrice abbia fatto un lavoro di precisione quasi chirurgica nella stesura di questo romanzo e si avverte anche la forte passione che Franscesca nutre per gli intrecci tipici dei romanzi classici. O meglio, io l'ho percepita senza che però abbia chiesto all'autrice se la nutre davvero. Secondo me sì. Consigliato, senza mezzi termini. E affrettatevi, ché come Jane Eyre questo è un romanzo da gustare in autunno.
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