Lo spettro insolitamente piatto rilevato da Hubble per due pianeti extrasolari del tipo più comune, entrambi con massa simile a quelle di Nettuno, porta gli scienziati a ipotizzare la presenza di nubi ad alta quota nelle loro atmosfere. I due studi su Nature.
di Marco MalaspinaLe dimensioni di GJ 1214b e di GJ 436b rispetto a quelle della Terra e di Nettuno. Crediti: NASA & ESA, STScI-PRC14-06b
La parola chiave, questa volta, è featureless: uniformi, privi di tratti distintivi, piatti. Monotoni, insomma. Così sono gli spettri misurati dal telescopio spaziale Hubble durante ore e ore d’osservazione di due pianeti extrasolari per conto di due distinti gruppi di ricerca. Una monotonia rivelatrice: è proprio grazie all’assenza di righe d’emissione – dunque di firme caratteristiche di precise molecole – che gli scienziati hanno potuto depennare, una a una, sostanze come il vapore acqueo, il metano, l’azoto, il monossido di carbonio o l’anidride carbonica dalla lista degli ingredienti costitutivi dell’atmosfera dei due pianeti. E giungere a inferire la presenza in alta quota (attorno a un millibar di pressione), nelle atmosfere d’entrambi questi mondi remoti, d’un manto nuvoloso avvolgente che impedisce di vedere cosa c’è al di sotto.
Non immaginiamoci, però, cieli screziati di graziosi cirri o nembi gonfi di pioggia. Per quanto sia ancora presto per azzardare ipotesi sul contenuto di quelle nubi, gli attuali modelli sulle atmosfere delle super-Terre danno per vincenti composti non proprio simpatici, come il solfuro di zinco o il cloruro di potassio. Non esattamente un’aria respirabile, considerando che il primo è il sale fluorescente che dà vita alle immagini nei tubi catodici e il secondo è parte del cocktail iniettato nelle condanne a morte. Senza contare la temperatura di quelle nubi: oltre i duecento gradi, dicono le previsioni.
Insomma, se li conosci li eviti. Vediamo dunque di che mondi stiamo parlando. Uno è Gliese 436b: in orbita ogni 63 ore attorno a GJ 436, una stella a circa 30 anni luce da noi, nella costellazione del Leone, ha una massa pari a 22 volte quella della Terra (analoga dunque a quella di Nettuno) e una temperatura che si aggira attorno ai 500 gradi. Ad analizzarne lo spettro con la Wide Field Camera 3 di Hubble, nel corso di quattro campagne osservative dall’ottobre del 2012 al gennaio del 2013, un team guidato da Heather Knutson, docente di scienze planetarie al Caltech.
L’altro, vecchia conoscenza di Media INAF, è Gliese 1214b: circa 7 masse terrestri, si trova a 40 anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione dell’Ofiuco, e orbita attorno alla stella madre in 38 ore. La prima autrice dello studio è Laura Kreidberg, dottoranda all’università di Chicago. Insieme al suo supervisore, Jacob Bean, per analizzare lo spettro di GJ 1214b ha condotto quello che è, a oggi, il più lungo programma osservativo mai dedicato da Hubble allo studio di un singolo pianeta extrasolare: ben 96 ore, distribuite nel’arco di 11 mesi.
In definitiva, due scoperte con moltissimo in comune, queste appena pubblicate sulle pagine di Nature, su due pianeti estremamente simili. Due pianeti dalla fisica ancora in gran parte ignota, non essendoci analoghi nel nostro Sistema solare, ma diffusissimi – e qui sta forse l’aspetto più importante di questo risultato – altrove: stando alle le ricerche più recenti, infatti, super-Terre come queste rappresentano il tipo più comune fra tutti i mondi che popolano la Via Lattea.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “A featureless transmission spectrum for the Neptune-mass exoplanet GJ 436b“, di Heather A. Knutson, Björn Benneke, Drake Deming e Derek Homeier
- Leggi su Nature l’articolo “Clouds in the atmosphere of the super-Earth exoplanet GJ 1214b“, di Laura Kreidberg, Jacob L. Bean, Jean-Michel Désert, Björn Benneke, Drake Deming, Kevin B. Stevenson, Sara Seager, Zachory Berta-Thompson, Andreas Seifahrt e Derek Homeier
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina