Quella del Carnaval cimarrón è una tradizione che si distingue dal Carnevale di origine europea, in quanto contiene simboli e contenuti avulsi dai costumi spagnoli; lo scopo della festa è la perpetuazione della memoria delle rivolte degli schiavi neri per ottenere la libertà. Si tratta dunque di una festa di origini africane, molto diffusa nella Repubblica Dominicana e ad Haiti. I centri dominicani più rappresentativi di questa espressione sono Nigua, Haina, San Luis e Guerra, siti che hanno ospitato longevi manieles, ovvero comunità organizzate di cimarrones. In talune epoche questa manifestazione venne ritenuta offensiva per la chiesa cattolica, poiché si svolge durante i giorni sacri della Settimana Santa, in verità probabilmente ciò è dovuto non tanto al calendario cristiano, quanto alla connessione con l’arrivo della primavera. Nella comunità di Matayaya, una settimana prima della domenica di resurrezione, appaiono dei personaggi che si recano di casa in casa a chiedere conto ai genitori del comportamento dei loro figli; durante la domenica di resurrezione poi, un personaggio vestito da diavolo torna nelle case a prendere a sculacciate i bambini per affidarli ritualmente ad un tutore, in segno di ammonimento per i loro cattivi comportamenti. Ma il clou della festa si raggiunge un po’ più tardi: le maschere sfilano dal sabato al lunedì successivo alla Settimana Santa, ognuna è provvista di un’arma con cui vengono picchiati gli astanti, gesto che assume una doppia valenza: la purificazione dai peccati e la rivendicazione della libertà dei neri. La danza ed il ritmo del Gagà, tipici della festa, simboleggiano una cerimonia di transizione fra vita e morte: l’oscillazione frenetica ed enfatizzata del bacino è il simbolo della fecondità primaverile attraverso la quale si omaggiano gli Dei; i riti contemplano il trance e la possessione spirituale, indizi del ruolo che gioca la religione Vudù anche all’interno di questa espressione. Le più diffuse maschere tradizionali del Carnaval cimarrón, denominate cachúas, sono: il cielo, l’inferno, la schiavitù, la libertà, il toro, il Giuda Calié trujillista (personaggio tra mito e storia la cui maschera viene bruciata al cimitero), il diavolo, la vita e la morte. Inizialmente questi riti, come in molte altre aree geografiche, erano dunque una caratteristica delle comunità di origine africana, in seguito gli spagnoli proibirono questi consessi chiusi e li trasferirono all’aperto, circoscrivendoli a date ben precise dell’anno, così da esercitare un certo controllo su ciò che accadeva. Grazie a questa apertura verso l’esterno si venne ad operare un sincretismo con la cultura ispanica.
Trovo il Carnaval cimarrón una espressione autentica e suggestiva di sfogo e resistenza, sovversiva al’interno di un canone, una festa che non può che ispirare simpatia.
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