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Cimici

Da Hombre @LaLineadHombre
CimiciLa prima cimice l’ho trovata sul piano della cucina, ma non ci ho dato peso.
L’ho trasbordata con cautela in un sacchettino da freezer che, una volta chiuso, ho schiacciato e gettato. Pare che puzzino da schiacciate, almeno l’ho sempre sentito dire, un vago sentore di uova marce.
La seconda l’ho beccata in salotto, poche ore dopo. L’ho fatta salire su una cartolina, l’ho gentilmente portata in giardino e poi scaraventata in mezzo alla strada.
Con il terzo incontro ho cominciato a preoccuparmi, solo un filo. Però ho consultato wikipedia.
Intanto scopro che ce ne sono milioni di tipi, ma a me interessa la Cimice verde, nome scientifico: Palomena prasina, catalogata da Linneo nel 1761.
È un insetto eterottero, che comunque non so cosa vuol dire, né m’interessa in questa fase. Poi scopro che appartiene a una specie comune e polifaga, attacca piante erbacee ed arboree.
Polifaga, per quella spruzzata di greco che so, sta a significare che si nutre di diverse cose, e questo mi piace decisamente poco, anche se sembrerebbe vegetariana.
Il quarto ritrovamento mina la mia stabilità mentale. Per ritrovare serenità parlo degli incontri cimicieschi a Walter, un mio vicino di casa, il quale, giustamente, mi guarda storto, mi asseconda per un po’ standomi a sentire, ma mi prende per matto.
“E allora?” è la sua conclusione.
La quinta l’ho trovata sulle stecche di una sedia pieghevole, che era stata in giardino, niente di più facile che l’abbia portata in casa proprio io, con la sedia stessa.
In una vita di 50 anni avrò visto sì e no 100 cimici, forse neanche. Adesso con cinque esemplari in un giorno e mezzo mi chiedo se devo preoccuparmi. La risposta è ancora “no”. In fondo sono descritti come esserini innocui per l’homo sapiens.
Per avvalorare il mio status di sapiens torno al computer e approfondisco la conoscenza: il colore della Palomena prasina varia dal verde (maggior parte degli individui) al marrone-rossastro. Da adulto, raggiunge in media la lunghezza di 15 mm.
È una specie comune in gran parte dell'Europa. In Italia è presente in tutta la penisola e nelle isole
maggiori. E su questo, dubbi non ce n’erano.
Si rinviene su diversi tipi di piante erbacee, arbusti e alberi, con una spiccata predilezione per Corylus e Quercus; non so se in giardino ho dei Corylus o dei Quercus, ma a occhio penso di no. Come gran parte delle cimici, se disturbata emette sostanze maleodoranti, secrete da ghiandole poste sul torace.
Dunque è vero che puzzano le maledette. I nostri padri non ci hanno vanamente messo in guardia. Ma che mi ammazzi se le ho disturbate. Scopro che la femmina depone le uova in piccoli ammassi dalla caratteristica forma esagonale, ma davvero non riesco ad appassionarmi alla vita di questa fetida creatura.
La cimice verde è molto dannosa per diverse specie di piante erbacee e alberi. Con le sue punture, infatti, causa la morte delle gemme fiorali e il deperimento della pianta che diventa giallastra. Il danno si manifesta sulle foglie e sui frutti.
I frutti attaccati dalle cimici assumono uno sgradevole sapore e non possono essere commercializzati. Indirettamente la cimice può trasmettere, attraverso le ferite lasciate dagli stiletti boccali, alcune malattie secondarie, come la batteriosi.

Eccoci dunque, questa batteriosi non ha un bel nome e non promette niente di buono.
È notte e sto dormendo, respiro rumorosamente e, come sempre, a bocca aperta. Quando mi sento come raschiare in gola mi sveglio di soprassalto, un corpo estraneo mi s’è infilato giù per la gola. Tossisco, cerco di vomitare l’intruso che in cuor mio ho già battezzato come la dannata sesta cimice. Non riesco ad espellerla, mi resta in gola la sensazione di un graffio devo sciacquarmi. Magari è stata solo una suggestione o un cazzo di incubo.
Mi alzo per andare in bagno ed è allora che sento sotto ai miei piedi un fastidioso scricchiolare, anche se il sonno ancora mi annebbia e m’impedisce di comprendere bene cosa stia succedendo. Passano un paio di secondi, faccio un altro mezzo passo in direzione della luce e sento un formicolìo sotto e attorno ai piedi e di nuovo quel rumore di schiacciamento unito ad un lieve frullare di ali.
E quando il tanfo m’arriva al naso capisco di avere un problema.
Penso all'aspirapolvere, ma andando a prenderla capisco che non sarebbe risolutiva. Le cimici sono ovunque: attaccate alla porta laccata bianca si muovono lente e instancabili disegnando immaginari e terribili ideogrammi. Apro la porta e vado verso il ripostiglio, ne schiaccio a centinaia semplicemente camminando, mi fa schifo ma non come avrei potuto pensare. Sono determinato a combattere e non sento più nemmeno la puzza. E se la sento la utilizzo come stimolante alla battaglia, inalo e accumulo forza distruttiva. Cimici, arrivo.
Non ho neppure il tempo di pensare all'assurdità della situazione, ieri a questa stessa ora dormivo il sonno beato del bimbo in culla a due ore da una sveglia che mi avrebbe portato, dopo una bella tazza di caffellatte e biscotti al miele, dritto dritto all’autobus, destinazione ufficio. E adesso, 24 ore dopo, sto cercando di uscire vivo e sano di mente da un'invasione bestiale e malefica.
Le scale brulicano, centinaia o migliaia di piccole cimici verdastre svolazzano sui gradini e vengono su, nella parte notte della casa, alla ricerca di non so bene cosa, direi di me, cazzo.
Esco di casa in pigiama, suono il campanello a Walter, gli spiego e lui capisce o finge di capire, assonnato com'è, sta di fatto che mi va a prendere la sua fiamma ossidrica. L'avevo già usata una volta per un dannato alveare spuntato da nulla nel sottotetto.
Rientro in casa e inizio a sparare le fiamme. Lancio lingue di fuoco rasoterra cercando di preservare i mobili e la casa. Le cimici arrostiscono che è un piacere, sfrigolano scricchiolano, forse urlano pure, non saprei, si accartocciano in un minuscolo rifiuto tossico nero, il fumo che sprigionano produce odore dolciastro e acre, vorrei fermarmi a vomitare, ma l'adrenalina che ho in corpo non mi dà tregua e via col fuoco. Arrostisco le scale e salgo su, camerina, poi camerona, spalanco le porte e purifico.
Quando prende fuoco la prima tenda non cerco nemmeno di spegnerla, capisco che il sacrificio è necessario e allora non mi controllo più, non serve. Fiammeggio all'impazzata in qualunque direzione veda una cimice zampettare o su ogni traiettoria vedo disegnata nell'aria. Incendio così letti e librerie, e poi mobili e poi tutto quello che rimane. Anche i miei vestiti vanno a fuoco, riesco a sfilarli via appena in tempo per non crepare arrosto.
Poi finalmente esco, mi allontano un po' e mi siedo in strada ad ammirare il rogo fumante che si porta via la  casa della mia vita ma, soprattutto, i fetidi insetti verdi.
Sono pochi secondi in cui me ne sto lì, nudo e nero come un tizzone, sono io il vincitore.
Poi arriva il mio vicino che mi chiede che ho fatto, se sono impazzito. Forse, gli dico. Ma forse no, penso. Poi i pompieri, e tutto il circondario. Poi mi portano via, sono fradicio, affumicato e soddisfatto.
Sono ancora in auto, diretto non so bene dove, quando un leggero formicolìo all'avambraccio mi insospettisce. Non avrei nemmeno bisogno di guardare, già so.
Un piccolo rilievo di forma rotondeggiante, quasi oblunga, si nota sottopelle, sta risalendo il mio braccio, come una talpa fa in giardino. Destinazione cervello.
E dall’esofago, risale verso la gola e pervade le mie cavità nasali dall’interno, un’insopportabile puzza di uovo marcio.
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Questo testo partecipa ancor più proditoriamente all'EDS spousev paura.
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