Magazine Diario personale
Nei giorni scorsi mi sono recata al cimitero di Staglieno. Ormai ci vado regolarmente quasi ogni settimana per pregare sulla tomba di papà, ma qualche volta la motivazione è differente: fare fotografie alle statue. Come si sa, il cimitero di Staglieno è monumentale, racchiude la spiritualità di una città. È la città silenziosa... Come l'ha definita chi ha scritto un libro su di esso. Un tempo dove si seppellivano i morti, veniva chiamata necropoli. Dal greco: necros: morte, polis: città. Città della morte. Con il cristianesimo è mutato pure il concetto della morte e la visione di essa: non si può più quindi chiamarla necropoli, ma cimitero. Le parole sono l'espressione della mentalità di un popolo intero. È capitato però, un avvenimento che sembra normale nel cimitero, forse per via delle leggi di riesumazione e così via. Se uno si reca spesso al cimitero, può notare che talvolta ci sono delle tombe aperte. Sovente il contenuto della tomba viene pietosamente nascosto da qualche telo raccapezzato chissà dove che, puntualmente le intemperie, soprattutto il vento, pensano a far scivolare. Questa volta si trattava di quelle lastre di marmo che stanno a mo' di pavimento e non avevano nemmeno cercato pietosamente di celarne il contenuto! Ed ecco la bara. Fa impressione, soprattutto in chi ha già assistito ad una sepoltura. È il momento forse più doloroso di tutti, il distacco definitivo da quel corpo caro. Sebbene non sia affidato alla terra, ma vi si ponga una lastra sopra, fa un po' di senso. Mi ha fatto riflettere sul vero senso della vita. Mi hanno sorpreso dei pensieri un po' strani, ovvero ho cominciato a vedere la gente con occhio diverso. Tutti, cioè, siamo destinati a quello, a sdraiarci in quel letto di legno zincato. So che molti faranno gesti di scongiuro, però, è quella la nostra “fine”...o meglio, il nostro inizio. Che mistero grande la morte!
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